Cibo e musica. Il volume della musica influisce sulle nostre scelte alimentari
di Redazione Picenotime
lunedì 04 giugno 2018
Pizza, spaghetti e, carne, o zuppa e insalata mista? La scelta è dettata, oltre che dall’appetito e dalle nostre coscienze, anche dal volume della musica in sottofondo. A sostenerlo uno studio realizzato dagli scienziati dell’Università della Florida Meridionale Muma College of Business. Il test condotto su un piccolo ristorante di Stoccolma, in Svezia ha dimostrato che mentre la musica suonava ad una potenza di 55 o 70 decibel, ai clienti veniva fornito il menu del cafè, dove tutti i cibi erano marcati come «salutari», «non salutari» e «neutri». Durante l’esperimento, durato diversi giorni, i ricercatori hanno rilevato un incremento del 20% negli ordini di piatti «non salutari» quando il volume della musica in sottofondo veniva aumentato al massimo dei decibel. Nei momenti in cui la melodia era invece al minimo, i clienti del caffè tendevano ad ordinare pietanze «salutari». «I ristoranti e i supermarket possono utilizzare la musica strategicamente, per influenzare i clienti a fare i loro acquisti», ha spiegato dottor Dipayan Biswas, dell’università.Scientificamente, il volume della musica ha un impatto sulla frequenza cardiaca e sull’eccitazione; quella più soft tende a tranquillizzare i sensi, rendendoci più coscienti di ciò che ordiniamo. Solitamente, in questi casi, dal menù si scelgono insalate o zuppe. La musica più alta, invece, stimola i sensi e provoca stress, causando ai clienti di ordinare cibi più grassi come hamburger e patatine fritte. «Passati studi hanno osservato vari aspetti dell’impatto dell’ambiente in cui si consuma il cibo, per esempio la luce, gli odori e la decorazione», ha continuato il professore. «Ma questo è il primo studio che esplora l’influenza del volume della musica sulle scelte alimentari degli individui che vanno a mangiare fuori. In questo modo i manager dei ristoranti possono manipolare strategicamente il volume della musica per incrementare le vendite». La ricerca, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello“Sportello dei Diritti”, è stata pubblicata nella rivista scientifica Journal of the Academy of Marketing Sciences.
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