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Il Coronavirus e la crisi delle agenzie e dei siti di scommesse

di Redazione Picenotime

giovedì 09 aprile 2020

Col passare di ogni giorno la portata epocale della pandemia del Coronavirus si fa più manifesta. Ogni paese ha risposto mettendo in atto i piani per gestire l'organizzazione di ospedali e terapie, in linea con quanto previsto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Con il Dpcm firmato dal Presidente Giuseppe Conte l'11 Marzo 2020 è stata predisposta la chiusura delle attività commerciali non essenziali, tra i tanti i settori colpiti dall’impossibilità di operare vi è quello delle scommesse, colpito anche dallo stop di molti campionati nazionali, dalle Coppe Europee e dal rinvio dei Campionati Europei di calcio e delle Olimpiadi di Tokio. Gli eventi sui quali è possibile continuare a puntare sono ormai davvero pochi e questo ha creato uno effetto domino nel settore del gioco legale, investendo siti di scommesse anche affermati - come ad es. quelli raccolti da www.migliorsitoscommesse.net - operatori e concessionari, con ripercussioni anche sulle entrate dell’erario.

Oltre al problema legato strettamente ai ricavi mancati dai flussi delle scommesse, sorge anche la complicata gestione dei pagamenti di quelle vincenti – normalmente alimentate dai flussi stessi - ora in totale flessione con il rischio di un grande problema di liquidità. ''Non c’è più niente su cui scommettere'', lamentano le agenzie di betting mondiali. Questo significa che non c'è più niente da guadagnare, né da lavorare. È solo l'ultimo degli effetti collaterali del coronavirus.

Per il momento è difficile produrre stime, ma alcuni scenari si possono trarre dalla moderna ricerca economica sull’impatto di crisi passate. È iniziata dopo l’epidemia Sars nel 2002-2003 (si veda per esempio lo studio del 2006 di Lars Jonung e Werner Roeger sull’Europa, che però non considera gli effetti dell’interruzione delle catene di fornitura) e si è fatta più intensa soprattutto dopo il 2009, quando la pandemia da H1N1 (la cosiddetta influenza suina) diventò un caso di studio per stimare l’impatto di uno shock globale di origine pandemica sulle economie del XXI secolo.

Se prima del 2009 il World Economic Forum stimava in circa 250 miliardi di dollari il costo economico complessivo di un’eventuale pandemia (a cui era associata una probabilità tra il 5 e il 10 per cento), da quell’anno le conseguenze economiche di un tale fenomeno sono state studiate in modo più approfondito. Un recente studio di Victoria Fan stima fino a 500 miliardi di dollari all’anno il valore totale delle perdite di una pandemia influenzale estesa, includendo non solo i costi diretti dovuti all’aumentata mortalità e all’interruzione dell’operatività di molti settori, ma anche il mancato reddito dovuto alla successiva riduzione della dimensione delle forze di lavoro e della produttività, oltre che al calo della domanda per le restrizioni alla mobilità delle persone. Si tratta di un impatto molto maggiore rispetto a quello della Sars che ha colpito economicamente soprattutto la Cina e Hong Kong (rispettivamente -3 e -4,75 per cento del Pil nel secondo trimestre dopo l’epidemia), con effetti minori solo in Canada e a Singapore, e in ogni caso limitati a un solo trimestre.

''Non sappiamo che cosa fare'', hanno raccontato diversi bookmaker al Racing Post, pubblicazione britannica dedicata al mondo dell'ippica, ''Abbiamo norme che coprono praticamente ogni eventualità, ma questa era una situazione altamente imprevista. Probabilmente dovremo considerare interventi specifici a seconda di come si comporteranno le singole federazioni: ci sarà chi annullerà tutto, chi proclamerà comunque dei vincitori, chi aspetterà ancora...”. Allo stesso modo, c’è incertezza sull'opportunità di accettare ancora scommesse per gli eventi da recuperare, a partire da quelli calcistici sui quali la Uefa negli ultimi giorni ha fornito solo alcune indicazioni di massima rinviando a data da destinarsi tutti i match in calendario a giugno 2020.


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