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Albertazzi: «Ho pensato di smettere, ma ora voglio tornare tra i grandi»

di Redazione Picenotime

sabato 24 agosto 2013

Il 2013 non ha regalato finora particolari soddisfazioni ad Eduardo Albertazzi, talentuoso discobolo 22enne cresciuto nell'Asa Ascoli e tesserato per le Fiamme Gialle. Il colosso ascolano (202 centimetri per 120 chilogrammi) non è riuscito a replicare quanto di buono messo in mostra nel 2012, quando si laureò campione italiano nel lancio del disco e portò il suo personale a 62 metri e 80 centimetri. Molto ha influito la rottura con lo storico allenatore Armando De Vincentiis (due partecipazioni olimpiche a Monaco 1972 e Montreal 1976 sempre nel lancio del disco), che non gli ha permesso di lavorare serenamente e conquistare l'ambita qualificazione ai Campionati Mondiali di atletica leggera da poco terminati in Russia. Ma Albertazzi è forte sia fisicamente che nell'animo ed in esclusiva per Picenotime.it ha illustrato i programmi per il prosieguo di una carriera che può donare ancora tanto allo sport ascolano e italiano.

Eduardo, non è stata finora una stagione entusiasmante, come mai?

Purtroppo la stagione di quest'anno è stata segnata dalla rottura con il mio ormai ex allenatore, a seguito di un periodo burrascoso negli allenamenti. Dopo tutto, anche se non mi sono migliorato, sono riuscito a ripetermi sui 62 metri quest'inverno e sui 58 metri quest'estate durante un periodo veramente difficile per me, diciamo che mi sono riconfermato sui livelli della stagione passata.

Dopo un 2012 da protagonista eri atteso al salto di qualità, cosa è venuto meno?

Dopo aver aumentato il carico di lavoro in modo eccessivo, penso di essere andato in overtraining. Ai primi di giugno mi sono ritrovato senza allenatore e mi sono sentito abbandonato e tradito. Penso che il vero allenatore non sia chi ti segue quando sei forte e vinci, ma chi ti è vicino nel momento del bisogno e dello sconforto, che ti difende e non ti attacca, che fa autocritica assieme a te e si rimette continuamente in gioco, che ti vede come una persona e non come un robot. La prestazione di un atleta è psicofisica e in questa stagione ho speso le mie energie sia fisiche che psicologiche fuori dalle gare, mio malgrado...

Sei ancora giovanissimo, come intendi affrontare i mesi a venire e che obiettivi ti sei posto?

Per me è stato un periodo davvero difficile. Dopo la rottura con De Vincentiis ho passato un periodo di crisi tanto da pensare di smettere, ma mi sono fatto forza ed ho riscoperto l'amore per questa disciplina. Per il futuro c'è l'atletica dei grandi da affrontare, l'anno prossimo ci saranno i Campionati Europei a Zurigo che per noi lanciatori è come affrontare un Mondiale. Mi allenerò tra Roma dove c'è il centro sportivo della mia società, le Fiamme Gialle, e il campo di atletica di Ascoli Piceno, se mi verrà permesso ancora di allenarmi come tutti gli altri atleti che si disimpegnano nel capoluogo piceno.

Hai visto in tv la gara del disco ai Mondiali in Russia dominata dal tedesco Harting?

Harting si è riconfermato padrone indiscusso della disciplina, senza rivali e senza alcun giovane che lo potesse insediare, almeno per ora... La gara si è svolta su livelli relativamente normali, senza misure eccezionali, podio escluso. Per qualificarsi sono bastati 62 metri e mezzo mentre per la finale a 8 ci voleva un metro in più. Sono misure modeste rispetto ai 64 metri di minimo B e 66 di minimo A richieste dalla federazione internazionale senza le quali non si può accedere al Mondiale. All'origine di questo gap c'è un numero sempre crescente di atleti che disputano gare in condizioni di forte vento che modificano quello che in realta è il valore reale della prestazione. Secondo me bisognerebbe rivedere qualcosa nei criteri.

In generale come ti è sembrato il livello della rassegna iridata in Russia?

E' stato il quarto mondiale su 14 a non registrare nemmeno un record del mondo, anche se ero convinto che l'ucraino Bondarenko nel salto in alto maschile potesse farlo. Dicono sia stato un Mondiale normale, in realtà è stato il Mondiale all'ombra dei casi eclatanti di doping. Chi si dopa è un ladro e un truffatore, perché ruba piazzamenti ad atleti puliti, truffa lo spettacolo della gara e i minimi di partecipazioni che verranno resi più difficili nella competizione successiva. Quello che mi allarma però è che si possa smarrire lo spirito del nostro ambiente. Ovviamente la Bolt-mania non si può arrestare, ma non vorrei che per alimentarla si trascurassero tutte le altre gare che potrebbero così diventare di contorno. Si noti che l'ashtag #teamjamaica è stato tra i più digitati, ma esclusa la velocità non si sono visti grandi atleti giamaicani splendere in altre discipline. E cosa dire di prestazioni super come quelle appunto di Bondarenko? Sicuramente meriterebbero maggiore attenzione e risalto.

Eccezion fatta per la 37enne Straneo, spedizione azzurra deludente. Te l'aspettavi?

Sinceramente sì, la Straneo ha conquistato una medaglia d'argento nella maratona del tutto inaspettata (si consideri che fino a qualche anno fa era una semplice amatrice). Il nostro sport sta continuando ad annaspare mentre il mondo va avanti a passi da giganti. Basterebbero poche azioni da portare avanti, cominciando dall'esclusione a vita dei dopati già alla prima occasione, non è ammissibile tollerare chi froda i sogni di una vita e gli interessi economici di professionisti dello sport. In secondo luogo bisognerebbe rilanciare mediaticamente la disciplina a livello nazionale e mondiale, magari accentuando l'attenzione su circuiti come la Diamond League seguendo il solco tracciato da sport come tennis, golf e automobilismo, Infine ci sarebbe da coinvolgere maggiormente gli atleti nelle fasi decisionali e nella distribuzione delle risorse, razionalizzando le spese basandosi su principi di trasparenza e logica, Basta poco, la domanda vera pero è: lo si vuol fare?

Il presidente Giomi, che punta molto anche su di te, ha detto che c'è ancora tanto da fare in ottica Rio 2016. Concordi?

Il presidente della Fidal mi ha confermato anche in privato che questa è l'intenzione, vedremo se alle parole seguiranno i fatti. Fortunatamente posso contare sull'appoggio della mia società, le Fiamme Gialle, che mi ha permesso di continuare il mio percorso sportivo, senza di loro non sarei qui. Va detto che un atleta per rendere al massimo deve essere in una condizione psicofisica ottimale, mentre diverse persone che credevo mi potessero aiutare in questo ora come ora stanno facendo di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote. Spero di poter risolvere questi inghippi tramite la mia società e la federazione, è tutto nelle loro mani e nella loro intermediazione.

Quali giovani talenti, a tuo giudizio, potranno risollevare nei prossimi anni le sorti dell'atletica leggera italiana?

Spero di poter essere uno dei protagonisti per il rilancio dell'atletica azzurra, in particolare nel settore lanci, basti pensare che escluso il 40enne Vizzoni non c'è stato nessun finalista ai recenti Mondiali in Russia nei lanci. Sinceramente non me la sento di sbilanciarmi su nomi, perché nel nostro sport le variabili sono tante e la strada è sempre in salita. Per quanto mi riguarda andrò avanti per la mia strada, a testa alta e convinto dei miei valori, tra i quali senz'altro c'è e ci sarà sempre il rifiuto del doping.

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Eduardo Albertazzi

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