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Un supervulcano italiano potrebbe risvegliarsi? Gli scienziati propongono un piano di "riduzione della pressione"

di Redazione Picenotime

giovedì 22 maggio 2025

L'area vulcanica dei Campi Flegrei, nel sud Italia, ha recentemente registrato una frequente attività sismica, attirando grande attenzione nella comunità scientifica. Questa caldera vulcanica larga 13 chilometri ha storicamente vissuto due eruzioni di proporzioni immense, l'ultima delle quali risale al 1538.

Un supervulcano italiano potrebbe risvegliarsi? Gli scienziati propongono un piano di "riduzione della pressione"


 

La pressione delle acque sotterranee come fattore chiave

La teoria tradizionale attribuisce l'attività sismica della zona principalmente alla risalita di magma profondo o gas. Tuttavia, un recente studio condotto dall'Università di Stanford e pubblicato su Science Advances indica che l'accumulo di pressione da parte di acqua e vapore sotto uno strato roccioso impermeabile sia la causa principale. Analizzando i dati di due periodi di agitazione (1982-1984 e 2011-2024), i ricercatori hanno scoperto che i terremoti iniziano tutti a circa 1,6 km di profondità nello strato impermeabile, con ipocentri che si approfondiscono nel tempo.

Simulazioni di laboratorio dimostrano che i minerali fibrosi (come i silicati contenenti ferro e magnesio) presenti nello strato impermeabile del vulcano possono riparare rapidamente le fratture sotto l'azione di fluidi ad alta temperatura, formando un sistema di pressione chiuso. Quando la pressione supera un valore critico, la rottura delle rocce provoca la vaporizzazione istantanea dell'acqua liquida, innescando esplosioni di vapore. In questo processo, le proprietà chimiche degli elementi metallici (come ferro e magnesio) svolgono un ruolo cruciale nel comportamento meccanico delle rocce.

Piano di "riduzione della pressione": dal monitoraggio passivo all'intervento attivo

Il team di ricerca propone di ridurre la pressione del serbatoio gestendo il deflusso superficiale o estraendo acque sotterranee, così da inibire l'attività vulcanica. Questo approccio, simile a una "medicina preventiva geologica", offre ai decisori una nuova prospettiva nella gestione del rischio. È importante notare che l'aumento delle precipitazioni negli ultimi 24 anni potrebbe aver intensificato la ricarica delle falde, minacciando ulteriormente la stabilità del vulcano.

Gli scienziati raccomandano le seguenti misure:

  • Riparare i canali di drenaggio: ottimizzare il sistema di drenaggio naturale per ridurre l'accumulo di acque sotterranee.
  • Monitorare i livelli delle falde: utilizzare reti di sensori per tracciare in tempo reale le variazioni di pressione.
  • Estrarre attivamente i fluidi dal serbatoio: implementare una decompressione controllata nelle aree critiche per ridurre il rischio di eruzione.