Operazione “Capital”, la Finanza di Ascoli smaschera maxi evasione
di Redazione Picenotime
mercoledì 11 giugno 2014
Tre amministratori “di fatto” denunciati all’Autorità Giudiziaria per il reato previsto dall’art. 5 “Omessa dichiarazione” del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, 58 milioni di euro segnalati agli Uffici Finanziari per l’assoggettamento a tassazione.
È questo il bilancio dell’operazione “Capital”, definita dalla Guardia di Finanza di Ascoli Piceno nel contesto di un’attività di polizia economica e finanziaria ultra-nazionale a contrasto dell’evasione fiscale internazionale avviata sulla scorta di elementi di intelligence acquisiti sul conto di due imprese di diritto lussemburghese attive negli anni dal 2000 al 2009 che, di fatto, come poi confermato dalle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Milano, avevano però fissato una stabile organizzazione nel territorio italiano, mantenendo, per tutto il periodo, l’effettiva sede direzionale ed anche amministrativa nel capoluogo lombardo.
Nel costante rapporto funzionale con il Magistrato della Procura milanese titolare delle indagini di polizia giudiziaria, dr. Gaetano Ruta, sono state eseguite molteplici attività che hanno permesso di ricostruire, delineandolo nel dettaglio, il disegno criminoso precostituito da alcuni soggetti italiani al fine di eludere il sistema impositivo italiano attraverso il ricorso al Granducato del Lussemburgo – che, come noto, costituisce uno dei Paesi a fiscalità privilegiata – arrivandosi così a riconoscere l’istituzione delle due società quale presupposto meramente formale ed esclusivamente strumentale all’evasione delle imposte invero dovute allo Stato italiano.
Mediante le analisi contabili ed i controlli documentali, supportati dai “confronti” eseguiti presso i soggetti giuridici terzi e dalle testimonianze dirette acquisite dalle diverse persone che, nel tempo, avevano intrattenuto rapporti con i responsabili nazionali delle due imprese lussemburghesi, è stato infine chiuso il cerchio su quella che può essere definita una vera e propria maxi-frode fiscale, attuata nel tentativo, oggi scongiurato, di dirottare le consistenti componenti di reddito realizzate – ivi comprese, in particolare, le “plusvalenze” derivanti dalla negoziazione di titoli azionari e partecipazioni in società italiane – verso tassazioni estere più favorevoli, in danno dell’Erario nazionale.

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