Allarme nel Piceno, in un anno persi altri 6mila posti di lavoro
di Redazione Picenotime
giovedì 25 settembre 2014
Nel secondo trimestre del 2014 – secondo i dati di Infocamere elaborati dalla Cna di Ascoli – si sono iscritte nel registro delle imprese 357 aziende, con un calo del 12,5 per cento rispetto al secondo trimestre del 2013 quando se ne iscrissero 417. Frena, invece, l’emorragia delle aziende che chiudono i battenti: 228 nel secondo trimestre di quest’anno, 326 nel secondo trimestre dell’anno passato. “Il dato delle minori cessazioni – commenta Luigi Passaretti, presidente della Cna di Ascoli – è senza dubbio positivo ma non compensa altri indicatori ancora purtroppo fortemente negativi. Il forte calo delle nuove aperture ci dice infatti che il territorio rischia di riposizionarsi sempre più verso il basso. E i livelli di occupazione restano drammatici. Il sistema di Infocamere a giugno 2013 ci segnalava 59.541 addetti, a giugno 2014 ce ne segnala 53.700”.
GIOVANI E DONNE PAGANO IL CONTO PIU’ SALATO. Sempre nel secondo trimestre del 2014 hanno aperto i battenti, in tutta la provincia di Ascoli, 116 imprese il cui titolare ha meno di 35 anni e 101 imprese guidate da una donna. Questo vuol dire che, rispetto al secondo trimestre di un anno fa, c’è stato un calo di nuovi inizi di attività del 22,1 per cento per le giovani imprese e del 24,6 per cento per le imprese in rosa. “Il numero delle imprese regge – aggiunge Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli – ma continua il calo dell’occupazione e sempre meno giovani hanno voglia o, più probabilmente, possibilità di fare impresa. Questi indicatori, ancora ben lontani dall’uscita del tunnel, confermano l’unica strada possibile e che la Cna sta cercando di condividere con le proprie imprese. Ovvero: innovazione per essere più forti sui mercati e formazione per frenare l’emorragia occupazionale e dare maggiori possibilità ai giovani”.
ANCHE AGLI STRANIERI IL PICENO PIACE SEMPRE DI MENO. In un contesto economico nel quale si dibatte a tutti i livelli su come creare migliori condizioni di appetibilità per chi vuole fare impresa nei nostri territori, il dato sull’imprenditoria straniera nel Piceno è significativo. Parlando di artigianato e piccola impresa non si tratta certo di grandi investitori esteri, ma burocrazia e sistema economico generale fanno sì anche piccoli e piccolissimi imprenditori non italiani guardino sempre con meno “appetito” al nostro territorio. A giugno di quest’anno, secondo trimestre 2014, sono stati infatti 42 gli imprenditori non italiani che hanno avviato un’attività nel Piceno. Nello stesso periodo del 2013 erano stati invece 53, con un calo di oltre 27 punti percentuali.
MICROIMPRESA SOTTO ASSEDIO. Piccole e micro imprese anche il questo secondo trimestre del 2014 pagano il tributo più alto sul fronte occupazionale. La microimpresa (meno di 9 addetti) del Piceno ha infatti perso in un anno il 5,5 per cento degli addetti, mentre la piccola impresa (da 10 a 49 addetti) ne ha persi lo 0,9. “Medie e grandi imprese – aggiunge il presidente Passaretti - hanno fatto registrare un saldo positivo ma del tutto insufficiente a invertire il segno meno riguardo l’occupazione complessiva nel nostro territorio. Il continuo calo delle piccole e delle micro conferma invece politiche non ancora adeguate per il loro sostegno, a cominciare dalla tassazione eccessiva e dalla burocrazia che invece di far recuperare ore lavoro all’imprenditore ne fa perdere sempre di più. E questo è gravissimo per piccole e piccolissime aziende che, per dimensioni, non possono avere strutture amministrative autonome e quindi il titolare fa sia l’artigiano che l’impiegato e il contabile”.
LE CRITICITA’ DEL TURISMO. Piceno, dunque, ancora con un troppo lungo elenco di criticità, come spiega il direttore Balloni: “Il turismo, altra nota dolente per un territorio che avrebbe le caratteristiche per puntare fortemente sull’accoglienza sia lungo la costa che nelle città d’arte e nell’entroterra montano, fra giugno 2013 e giugno 2014, ha lasciato sul campo ben il 12,3 per cento degli occupati. Il risultato peggiore rispetto a tutti gli altri comparti produttivi presenti nella nostra provincia”.

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