Indagine Cna sulle aspettative delle imprese: nel Piceno una su quattro teme di chiudere nel 2021
di Redazione Picenotime
giovedì 07 gennaio 2021
Risolvere il problema sanitario rimane la priorità per giungere ad una risoluzione anche del problema del tessuto economico - precisa Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli Piceno - e la pandemia ci sia d’insegnamento sull’utilizzo migliore degli strumenti tecnologici anche una volta che il problema sarà superato in quanto accorciano le distanze, riducono sprechi tempo lavoro e aiutano anche a rispettare l’ambiente. Le risorse presentate nel Recovery Plan con il massiccio piano legato alla riqualificazione verde deve contenere misure di lavoro importanti in tal senso dove imprese e imprenditori devono adeguarsi necessariamente oltreché a segnare un passo di svolta in materia definitiva".
"Strumenti come la proroga del superbonus per il solo 2022 aiuta poco - aggiunge Luigi Passaretti, presidente della Cna Picena - mentre questi e altri strumenti possono ridare la giusta mole di lavoro solo se hanno continuità almeno fino al 2023".
I dati dell'indagine parlano chiaro, a livello nazione e nello specifico (con i dati riportati di seguto) nella nostra provincia. Una piccola impresa su quattro teme di chiudere nel 2021 se l’attuale stato di difficoltà dovesse protrarsi nei mesi a venire. A rilevare questa drammatica situazione un’articolata indagine condotta dal Centro studi Cna tra gli iscritti alla Confederazione dal titolo “Pensare a un futuro senza Covid. Le aspettative delle imprese per il 2021”.
Quale 2021 prevedono gli imprenditori sotto il profilo economico italiano? Il 74,1% delle imprese coinvolte nell’indagine immagina che la caduta del prodotto interno lordo tricolore registrata nel 2020 possa essere recuperata solo parzialmente nel 2021. Il 23,1%, invece, è ottimista e crede che l’Italia sia in grado di riconquistare rapidamente i livelli pre-Covid. Giudizi influenzati dal settore operativo delle imprese. I comparti che il confinamento ha fermato (costruzioni) o ha rallentato in maniera sensibile (dal turismo ai servizi per la persona) propendono infatti per una visione negativa, più positivi quanti operano in aree come i servizi per le imprese, dall’offerta immateriale e con ampie possibilità di intervenire da remoto.
Passando dal generale al particolare non cambia, in sostanza, la situazione. A fronte di un 32,9% complessivo di imprese che nel 2021 ritiene di crescere (l’8,7% presume un incremento sui risultati pre-Covid) o perlomeno di recuperare le perdite accumulate nel 2020 (24,2%), si erge un predominante 67,1% scarsamente o per nulla fiducioso nel breve periodo. In particolare, il 40,1% delle imprese intervistate, dopo avere accusato un forte ridimensionamento nel 2020, è convinto che nel 2021 non tornerà ai livelli precedenti. E il residuo 27% ha addirittura paura di cessare l’attività nei prossimi mesi.
Disaggregando tali dati per settore, la palma dell’ottimismo va al comparto edilizio (il 46,5% è orientato favorevolmente, anche grazie alle speranze riposte nel Superbonus 110% e nelle altre agevolazioni previste per le costruzioni), seguito dal manifatturiero (36,2%). All’opposto, i settori a più accentuato timore di chiusura sono il turismo (43,5% del totale), il trasporto (33,3%) e i servizi per la persona (31,7%), comparti dove tre quarti e più delle imprese hanno subito danni economici gravissimi.
Quali strategie le imprese propongono al governo per uscire dalla crisi? Il ventaglio di opinioni è divergente, ma grosso modo può raggrupparsi in tre ordini di suggerimenti. Il 36,4% delle imprese che hanno partecipato all’indagine è dell’opinione di continuare Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa lungo la strada tracciata dal governo, adottando ancora la diversificazione delle zone a seconda della gravità della situazione sanitaria.
Il 35,6% del campione ritiene invece che, a questo punto, le ragioni dell’economia siano prioritarie e debbano essere evitati nuovi confinamenti. Il 28%, infine, chiede che l’Italia proceda nel solco degli altri Paesi europei, al fine principale di mantenere invariata la posizione competitiva nazionale.
Passando dalle strategie alle azioni prioritarie le imprese tendono a compattarsi. Quasi quattro su cinque (il 78,7%, a essere precisi) ritengono che il governo debba garantire un adeguato sostegno alle imprese, una sorta di grido di dolore che supera il 90% nei servizi per le persone e sfiora tale quota nel turismo.
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