Il poker come sport mentale

di Redazione Picenotime

giovedì 18 aprile 2024

Da alcuni viene considerato solo come un modo per divertirsi e passare il tempo, per altri è un vero e proprio lavoro che può generare guadagni anche milionari. Per altri ancora il poker è uno sport e in particolare una disciplina di tipo mentale.

Chi ha ragione? Probabilmente tutti, perché in realtà quello che conta è come si vede il poker e quello che si vuole realizzare. Divertimento, professione e allenamento mentale sono tre aspetti diversi, che tra l’altro possono anche essere presenti insieme: pensiamo a un giocatore di poker professionista come Dario Sammartino, tra gli italiani più vincenti di sempre nel poker. Nella sua carriera ha guadagnato oltre 15 milioni di dollari, ha sviluppato abilità mentali fuori dal comune e, probabilmente, fa un’attività che considera divertente.

L’abilità nel poker

Qualcuno potrebbe obiettare che il poker non è uno sport ma un gioco d’azzardo, cioè un’attività in cui la fortuna è determinante nel raggiungimento di una vincita in denaro. Ovviamente la Dea Bendata è importante nel poker – è inutile negarlo – ma molto meno rispetto ad altri giochi come la roulette o le slot machine. Questi sono giochi d’azzardo puro, in cui l’abilità del giocatore non ha alcuna influenza sul risultato finale.

L’abilità del giocatore fa una grande differenza nel lungo periodo nel poker e, in particolare, in una delle specialità più diffuse e apprezzate sulle piattaforme online: il Texas Holdem.

Oltre alla perfetta conoscenza delle regole, dei punteggi e delle mosse più forti, nel poker sono fondamentali la strategia e anche altre competenze come, ad esempio, quelle matematiche e quelle di tipo psicologico. In altre parole, nel poker la fortuna è solo una delle componenti che contribuisce a determinare il risultato finale di una mano. In più, è da considerare anche l’orizzonte temporale preso in considerazione: se è breve o brevissimo (come una singola partita) l’influenza dell’abilità è inferiore, ma se consideriamo un orizzonte di lungo o lunghissimo periodo (pensiamo alla durata di un’intera carriera; quindi, diversi decenni) il discorso cambia è l’abilità diventa predominante.

Per chiarire questo punto ci avvaliamo di un concetto matematico che prende il nome di varianza, cioè la misura dello scarto possibile rispetto al valore atteso. Senza entrare in difficili tecnicismi, la probabilità di essere in passivo scende all’aumentare delle mani giocate: più si gioca, quindi, più la matematica è dalla nostra parte.

Il poker come sport mentale 

Alla luce di quanto detto, appare più chiaro perché molti considerino il poker una disciplina sportiva. Per ottenere risultati determinanti sono necessari un impegno costante per lunghi anni, lo studio teorico e l’allenamento pratico, cioè migliaia di mani giocate. In questo senso chi gioca a poker in modo professionale non è dissimile da un atleta professionista, che dedica anni – se non decenni – ad allenarsi e a migliorare nella propria disciplina.

Ma il poker non è uno sport come il calcio, il basket o la pallavolo: la componente teorica e psicologica è molto importante, un po’ come avviene negli scacchi. Per ottenere un miglioramento è necessario studiare a fondo la teoria e le possibili strategie in base alla situazione che si presenta nel corso di una specifica mano.

Il poker viene annoverato quindi tra gli sport mentali, ovvero tutti quei giochi di abilità che non richiedono uno sforzo fisico, ma un grande impegno mentale. In particolare, al tavolo verde sono richieste delle spiccate abilità psicologiche, tanto che secondo molti il poker non è un gioco d’azzardo ma un gioco psicologico.

Basti pensare all’importanza del bluff, che consente di ribaltare l’esito di una mano anche in presenza di carte sfavorevoli: si basa sul far credere all’avversario di avere una mano forte, lavorando così sulla percezione dell’avversario. Il tutto senza farsi scoprire, quindi controllando le proprie emozioni e soprattutto il linguaggio del corpo.

Nel poker, infatti, bisogna sviluppare l’abilità di analizzare i cosiddetti “tell”, cioè quegli atteggiamenti che potrebbero rivelare un’insicurezza o comunque un indizio sulla effettiva situazione di gioco dell’avversario. Si tratta spesso di movimenti inconsci, relativi al linguaggio del corpo, come ad esempio il tremore delle mani o il modo in cui vengono tenute le chips. Un bravo pokerista è in grado di riconoscere questi segnali, tenendo anche in considerazione la possibilità che l’altro giocatore possa mettere in atto dei falsi tell per ingannare gli avversari.

Da non dimenticare anche l’importanza del pensiero strategico, che viene sviluppato nel poker e che può essere trasferito con successo anche in altri ambiti della vita e del lavoro, come ad esempio il mondo degli investimenti. Molti investitori di successo, infatti, giocano a poker per allenarsi a prendere decisioni importanti in poco tempo.

C’è anche l’ufficialità

Per chi ancora nutre dei dubbi sul fatto che il poker possa essere uno sport mentale, dobbiamo dire che a partire dalla fine del 2022 c’è stata una importante svolta in questo senso. Il 22 dicembre 2022, infatti, l’International Mind Sports Association (IMSA) ha ufficialmente riconosciuto il poker come sport mentale, al pari degli scacchi, del bridge, della dama, ecc.

L’importante riconoscimento premia oltre un decennio di lavoro e di sviluppo dell’attività da parte della World Poker Federation (WPF), organizzazione che ha come obiettivo proprio quello di cambiare la percezione nei confronti del poker e di favorirne la crescita come sport mentale. Insomma, per chi avesse ancora dubbi, c’è anche la convalida di un ente indipendente come l’IMSA.