MORTO MENNEA, IL RICORDO DEL MAESTRO ASCOLANO VITTORI
di Redazione Picenotime
giovedì 21 marzo 2013
Lo sport italiano è in lutto per la morte di Pietro Mennea, che all'età di 61 anni si è spento in una clinica di Roma dopo una lunga malattia che aveva tenuto a molti segreta.
Il campione di Barletta ha scritto pagine memorabili della velocità mondiale, con un record del mondo nel 1979 a
Città del Messico sui 200 metri di 19 secondi e 72 centesimi che è durato per ben 17 anni e che rimane tuttora record italiano ed europeo. Mennea ha anche vinto l'oro alle Olimpiadi di Mosca nel 1980, nel contesto di una lunghissima carriera (con 5 partecipazioni olimpiche) densa di soddisfazioni e medaglie prestigiose.
Abbiamo sentito in esclusiva l´82enne ascolano Carlo Vittori, leggendario allenatore di Mennea ed artefice dei suoi magnifici successi, che al pari di Armando De Vincentiis (capitano e compagno di nazionale del campione pugliese alle Olimpiadi di Montreal 1976) parteciperà al funerale previsto nei prossimi giorni nella capitale.
Professore, era a conoscenza della malattia di Mennea?
Assolutamente no, è stato un fulmine a ciel sereno. Mi era sembrato strano che lo scorso 10 Marzo, giorno del mio compleanno, non mi avesse fatto gli auguri, un appuntamento che non aveva mai dimenticato. Ho chiamato a casa un paio di giorni fa ma non mi ha risposto nessuno, mi sono limitato a lasciare un messaggio in segreteria. Poi stamattina alle 8 mi ha telefonato Roberto Fabbricini, ex mio allievo e nuovo segretario generale del Coni, che mi ha dato la triste notizia.
Quale ricordo le rimane della "Freccia del Sud"?
È stato, a mio avviso, il più grande atleta italiano del XX secolo, provo un grande orgoglio per averlo potuto allenare così a lungo. Lo voglio ricordare con la sua frase che più mi è rimasta nel cuore: "Si può nascere campioni, ma per diventarlo servono impegno, senso di responsabilità e consapevolezza, oltre a tanto piacere e soddisfazione per quello che si fa".
La sua vittoria più bella?
Certamente l'oro olimpico a Mosca. Nonostante non ci fossero gli atleti americani Pietro non era convinto di vincere, invece io continuavo a spronarlo. Gli dissi di non preoccuparsi dell'ottava corsia e di non badare alla partenza bruciante del britannico Allan Weels, vincitore dei 100 metri. Ero sicuro che avrebbe potuto rimontare nel finale e così fu. Gli ultimi suoi metri sulla pista russa furono uno dei momenti più belli nella storia dello sport, un'impresa incredibile che poteva essere realizzata solo da un atleta che aveva nelle gambe un tempo di 19 e 90. E non a caso, cinque giorni dopo, realizzò il primato del mondo sul livello del mare nella sua Barletta, con 19 secondi e 96 centesimi. Campioni di questo calibro e di tale levatura morale nascono una volta ogni cent'anni..
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