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Infermieri e responsabilità professionale: cosa succede in caso di errore?

di Redazione Picenotime

martedì 24 giugno 2025

Nel contesto sanitario italiano, la figura dell’infermiere ha acquisito nel tempo una crescente centralità, sia in termini di responsabilità assistenziali sia per il ruolo cruciale che ricopre nell’ambito del percorso terapeutico del paziente. Tuttavia, proprio l’espansione delle competenze comporta una maggiore esposizione al rischio di errore e alle relative conseguenze giuridiche. La responsabilità professionale dell’infermiere è oggi un tema di rilevanza strategica, anche alla luce delle trasformazioni normative e organizzative che interessano il Servizio Sanitario Nazionale.

Un quadro normativo in evoluzione

La disciplina della responsabilità sanitaria è stata profondamente rinnovata con la Legge Gelli-Bianco (n. 24/2017), che ha introdotto strumenti per la gestione del rischio clinico e ha riformulato i criteri di responsabilità, distinguendo tra responsabilità contrattuale per le strutture sanitarie e responsabilità extracontrattuale per gli esercenti la professione sanitaria. Nel caso dell’infermiere, ciò implica un esame attento del nesso causale tra condotta professionale e danno al paziente, valutando la conformità dell’atto assistenziale alle linee guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali riconosciute.

Quando si configura l’errore infermieristico

L’errore in ambito infermieristico può manifestarsi in diverse forme: dalla somministrazione errata di farmaci, alla mancata segnalazione di parametri vitali alterati, fino all’omissione di sorveglianza nei confronti di pazienti fragili o non autosufficienti. Non si tratta solo di negligenza o imperizia individuale: spesso tali eventi si verificano all’interno di un sistema complesso, in cui la frammentazione delle responsabilità e la carenza organizzativa giocano un ruolo non secondario.

Particolarmente delicata è la questione degli errori terapeutici, che possono derivare da indicazioni farmacologiche errate, scarsa comunicazione tra infermieri e medici, oppure da condizioni di lavoro che compromettono l’attenzione dell’operatore. È noto, ad esempio, che turni prolungati, carichi eccessivi e mancanza di personale siano tra i principali fattori predisponenti. A fronte di questo scenario, la prevenzione del rischio clinico assume un ruolo chiave, attraverso formazione continua, sistemi di segnalazione degli eventi avversi e un’efficace cultura della sicurezza.

Il peso giuridico della responsabilità

Dal punto di vista giuridico, la responsabilità dell’infermiere si articola su tre livelli: penale, civile e disciplinare. In ambito penale, la condotta viene valutata in termini di colpa (negligenza, imprudenza, imperizia) e può comportare sanzioni severe se da essa è derivato un danno rilevante al paziente. In sede civile, può essere disposto il risarcimento dei danni subiti dal paziente, mentre sul piano disciplinare l’infermiere può incorrere in provvedimenti da parte dell’Ordine professionale, fino alla sospensione dall’esercizio.

In un contesto così esposto al rischio, è ormai prassi diffusa tra gli operatori dotarsi di un’assicurazione professionale per infermieri, strumento fondamentale per tutelarsi in caso di azioni legali. Questa copertura non rappresenta soltanto una salvaguardia personale, ma anche una garanzia per i pazienti e per le strutture sanitarie, che beneficiano di una maggiore stabilità giuridico-operativa.

Carenze sistemiche e impatto sulla qualità delle cure

Accanto alle responsabilità individuali, non può essere ignorato il problema sistemico che caratterizza il settore infermieristico in Italia. Si parla di emorragia degli infermieri per descrivere il progressivo e preoccupante calo degli operatori sanitari attivi, causato da pensionamenti, trasferimenti all’estero e abbandoni volontari. Una crisi che ha implicazioni dirette sulla qualità dell’assistenza, sulla sicurezza dei pazienti e sul benessere del personale in servizio, spesso sovraccaricato e sottoposto a condizioni di lavoro non sostenibili.

Questa carenza strutturale alimenta un circolo vizioso: meno personale disponibile significa maggiore pressione su chi resta, aumentando così il rischio di errore e la probabilità di contenziosi legali. In questo quadro, risulta evidente la necessità di un rafforzamento delle politiche di reclutamento e valorizzazione del personale infermieristico, anche attraverso interventi retributivi e organizzativi.