Lupi e allevamenti, Coldiretti Ascoli-Fermo: “Non è più una specie a rischio, bene che l’Ue apra discussione”
di Redazione Picenotime
mercoledì 06 settembre 2023
“Che in Europa inizi a parlare dei potenziali pericoli dati dalla presenza di lupi è un passo in avanti ma diventa tutto inutile se in Italia dovesse continuare a essere considerata una specie vulnerabile”. Ne è convinto Stefano Mazzoni, presidente di Coldiretti Ascoli-Fermo, che commenta così le notizie che arrivano da Bruxelles dove la Commissione Europea si appresta ad aprire uno studio per decidere se modificare o "rendere più flessibile", lo status di specie protetta del lupo la cui concentrazione in alcune regioni europee "è diventata un pericolo reale per il bestiame e potenzialmente anche per l'uomo" con "l’invito le autorità locali e nazionali ad agire laddove necessario”. “Secondo le stime dell’Ispra – prosegue Mazzoni - in Italia ci sono 3300 esemplari e pertanto urge una revisione dello stato di conservazione. Il lupo non è più una specie a rischio: sono necessari piani di contenimento della popolazione". Nel dettaglio il progetto Life WolfAlps EU di Ispra parla di 950 esemplari che vivono nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola con avvistamenti e predazioni che non riguardano più solo l’Appennino ma anche le aree costiere. Negli ultimi 5 anni tra le province di Ascoli e Fermo si sono registrate oltre 100 incursioni di predatori ai danni degli allevamenti, il 24% del totale marchigiano secondo i dati della Regione che parla di circa 1500 uccisioni tra capre, pecore, vitelli e cavalli. Numeri limitati ai casi ammessi a rimborso, ovvero quando i capi vengono ritrovati sbranati, lasciando fuori statistica tutti i capi dispersi o schiacciati nella calca che si crea all’interno delle stalle durante gli attacchi. Senza contare il mancato reddito dovuto agli aborti spontanei o alla riduzione di produzione di latte. Solo per quel che riguarda capre e pecore, le specie più attaccate dai lupi, negli ultimi 10 anni si sono persi il 47% degli allevamenti ascolani e il 51% di quelli fermani. “Il rischio vero oggi è piuttosto la scomparsa della presenza dell’uomo delle montagne e delle aree interne per l’abbandono di migliaia di famiglie ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze italiane di mucche, capre e pecore”, spiegano da Coldiretti Ascoli-Fermo.
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