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Coronavirus, agricoltori salvano 5333 specialità tradizionali da pandemia. 154 nelle Marche

di Redazione Picenotime

giovedì 18 novembre 2021

Sono ben 5333 le specialità alimentari tradizionali presenti sul territorio nazionale nel 2021 in Italia salvati dalla pandemia grazie agli agricoltori per sostenere la rinascita del Paese. E’ quanto emerge dal nuovo censimento delle specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, presentato dalla Coldiretti al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Villa Miani a Roma.

Ai raggi X tutti i diversi tipi di pane, pasta, formaggi, salumi, conserve, frutta e verdura, dolci e liquori tradizionali che compongono il patrimonio enogastronomico nazionale, classificati per regione e tipologia, con gli esempi più curiosi, più rari, più antichi, più ricchi di proprietà salutistiche nella più ampia esposizione della variegata offerta territoriale mai realizzata prima.

Grazie all’opera di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere nel tempo la biodiversità sul territorio e le tradizioni alimentari, il numero delle tipicità regionali che l’Italia può offrire è passato – sottolinea la Coldiretti – dalle iniziali 2.188 del primo censimento nel 2000 alle 5333 attuali con un aumento del 167% dei prodotti salvati dal rischio di estinzione, accelerato dall’emergenza sanitaria.

La Campania si piazza in testa alla classifica delle regioni con più specialità tipiche, ben 569, davanti a Toscana (463) e Lazio (438). A seguire – sottolinea la Coldiretti – si posizionano l’Emilia-Romagna (398) e il Veneto (384), davanti al Piemonte con 342 specialità e alla Puglia che può contare su 311 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Liguria con 300 prodotti tipici censiti, la Calabria (269), la Lombardia (262), la Sicilia (264), la Sardegna (217), il Trentino Alto Adige (207), il Friuli-Venezia Giulia (179), la Basilicata con 163, il Molise (159), le Marche (154), l’Abruzzo (149), l’Umbria con 69 e la Val d’Aosta con 36.

Dall’Abruzzo arriva il Il Caciofiore aquilano un formaggio a pasta molle, tra i pochissimi a utilizzare un caglio vegetale, ottenuto dall’infusione dei fiori di cardo selvatico, e arrotolato in fogli di selce. Nasce invece dalle campagne della Basilicata il “peperone crusco” fatto con un peperone tipico del territorio che viene sottoposto – spiega la Coldiretti – a una particolare preparazione che lo rende irresistibilmente crusco, ovvero croccante. In Calabria, avvicinandosi il Natale, si prepara la pitta ‘mpigliata (o pitta ‘nchiusa) che si presenta come roselline in pasta sfoglia al vino bianco. Dalla Campania vengono i Fagioli di cera, chiamati così proprio per l’aspetto lucido che presenta una volta maturo, prodotto di una coltivazione antica fatta completamente a mano. 

Viene pescata direttamente nella Valle del Delta del Po durante la stagione autunnale l’angullla marinata di Comacchio, frutto di una ricetta tradizionale. E’, invece, un vero e proprio simbolo antispreco il Formadi frant perché realizzato in Friuli Venezia Giulia con lo scarto di altre varietà di formaggi mentre tra le specialità del Lazio si può trovare il tarlo dell’aglio rosso di Proceno, conservato sott’olio e ideale come sfiziosità per gli antipasti. Dal latte di una particolare razza di pecora arriva la Toma di pecora Brigasca frutto di una lavorazione molto antica che in Liguria viene tramandata da diverse generazioni di padre in figlio. Tipico della Lombardia è il salame d’oca – continua la Coldiretti –  è un salume cotto a base di carne d’oca e maiale, mentre nelle Marche è caratteristica la lonza di fico, fatta da un impasto di frutta secca e avvolta nelle foglie di fico per dargli la forma di “lonzetta”.

Un vero e proprio capolavoro è la Treccia di Santa Croce di Magliano, un formaggio che in Molise viene letteralmente intessuto fino a sembrare una sciarpa o, appunto, una treccia di capelli. Ha la forma di un quadrato, al contrario, il peperone di Carmagnola, tipicità del Piemonte che viene usata anche nella preparazione della Bagnacauda. Nell’olio extravergine d’oliva vengono “infusi” i lampascioni, caratteristici della Puglia, mentre in Sardegna spicca la Panada di Cugliera, un raviolo di pasta violada (semola rimacinata), ripiena – aggiunge la Coldiretti – di carne di maiale e vitella, lardo fresco, carciofi, fave, piselli, olive snocciolate, pomodoro secco, aglio, prezzemolo, zafferano, noce moscata, e vino bianco. Abbina giusto e colore il cavolfiore violetto “natalino” è una particolare varietà di cavolfiore della Sicilia caratterizzato da un’infiorescenza di colore lilla intenso- Una forma particolare contraddistingue il Pomodoro Borsa di Montone, quasi estinto e tornato sulle tavole grazie all’impegno degli agricoltori della Toscana.

Ha radici antiche anche il Sedano rapa della Val di Gresta, specialità del Trentino Alto Adige, dal sapore delicato e dalle proprietà ipocaloriche e depurative. Tradizionali anche gli strangozzi, tipica pasta umbra protagonista di molte ricette della cucina dell’Umbria, mentre giunge dalla Valle D’Aosta il particolare salume chiamato Boudin – prosegue la Coldiretti – e prodotto con patate bollite, pelate a mano e lasciate raffreddare, alle quali vengono aggiunti cubetti di lardo, barbabietole rosse (ottimo conservante naturale), spezie, aromi naturali, vino e sangue bovino o suino.

Vino protagonista anche nel Formaggio imbriago ideato dai contadini veneti che, durante la prima guerra mondiale, per sottrarlo alle ruberie dei soldati austro-ungarici, presero l’abitudine di nascondere il formaggio sotto le vinacce, rendendolo più saporito e caratteristico.

Per quanto riguarda le varie categorie si tratta – spiega la Coldiretti – di 1.594 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1.520 verdure fresche e lavorate, 813 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 516 formaggi, 302 piatti composti o prodotti della gastronomia, 171 prodotti di origine animale (miele, lattiero-caseari escluso il burro, ecc.), 165 bevande tra analcoliche, birra, liquori e distillati, 166 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei, 49 varietà di olio d’oliva e burro e 37 condimenti. Un’offerta che è stato possibile far tornare sulle tavole degli italiani – rileva Coldiretti – grazie anche alla rete di vendita diretta dei mercati, delle fattorie e degli agriturismi di Campagna Amica.

“Si tratta di un bene comune per l’intera collettività e di un patrimonio anche culturale che il nostro Paese può oggi offrire con orgoglio ai turisti italiani e stranieri”, ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel ricordare che “il primato nei prodotti tradizionali si aggiunge a quello dei prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) riconosciuti dall’Unione europea, che hanno raggiunto quota 316”.

LE SPECIALITA’ SALVATE DALLA PANDEMIA PER REGIONE

Abruzzo 149

Basilicata 163

Calabria 269

Campania 569

Emilia Romagna 398

Friuli Venezia Giulia 179

Lazio 438

Liguria 300

Lombardia 262

Marche 154

Molise 159

Piemonte 342

Bolzano 102

Trento 105

Puglia 311

Sardegna 217

Sicilia 264

Toscana 463

Umbria 69

Valle d’Aosta 36

Veneto 384

ITALIA 5333

Fonte: Elaborazione Coldiretti sul censimento dei prodotti tradizionali regionali 2021

Nel 2021 il cibo diventa la prima ricchezza dell’Italia per un valore di 575 miliardi di euro con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente nonostante le difficoltà legate alla pandemia. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti diffusa in occasione dell’inaugurazione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti a Villa Miani a Roma.

Nel secondo anno del Covid la filiera agroalimentare tricolore ha dimostrato – rileva Coldiretti – una elevata capacità di resilienza, con un incremento del fatturato che accomuna agricoltura, industria e grande distribuzione, mentre la ristorazione ricomincia crescere dopo un 2020 disastroso. Il risultato è che il Made in Italy a tavola vale oggi – sottolinea Coldiretti – quasi un quarto del Pil nazionale e dal campo alla tavola vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Una rete diffusa lungo tutto il territorio che – spiega la Coldiretti – viene quotidianamente rifornita dalle campagne italiane dove stalle, serre e aziende hanno continuato a produrre nonostante le difficoltà legate al Covid, garantendo le forniture di prodotti alimentari sulle tavole degli italiani e di tutto il mondo.

Non a caso l’alimentare Made in Italy fa registrare il record storico nelle esportazioni raggiungendo quota 52 miliardi, mai registrata nella storia dell’Italia, se il trend di aumento del 12% sarà mantenuto, secondo proiezioni di Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nei primi nove mesi del 2021. Un risultato ottenuto – sottolinea la Coldiretti – nonostante le difficoltà degli scambi commerciali e il lockdown in tutti i continenti della ristorazione che ha pesantemente colpito la cucina italiana ma anche dalla insopportabile diffusione di imitazioni in tutti i continenti.

L’emergenza sanitaria Covid – precisa la Coldiretti – ha provocato una svolta salutista nei consumatori a livello globale che hanno privilegiato la scelta nel carrello di prodotti alleati del benessere come quelli della dieta mediterranea. E si registra anche – continua la Coldiretti – un impatto positivo sulle vendite all’estero della vittorie sportive che hanno dato prestigio all’immagine del Made in Italy.

Tra i principali clienti del tricolore a tavola ci sono gli Stati Uniti che si collocano al secondo posto con un incremento del 17% nel periodo gennaio-agosto 2021. Positivo l’andamento anche in Germania che si classifica al primo posto tra i Paesi importatori di italian food con un incremento del 7%, pari a quello della Francia (+7%) che è stabile al terzo posto mentre al quarto è la Gran Bretagna dove però le vendite sono stagnanti a causa delle difficoltà legate alla Brexit, tra  le procedure doganali e l’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi e maggiori controlli. Fra gli altri mercati – evidenzia la Coldiretti – si segnala la crescita del 15% in quello russo e del 47% su quello cinese.

Alla base del successo del Made in Italy c’è un’agricoltura che è diventata la più green d’Europa con – evidenzia la Coldiretti – la leadership Ue nel biologico con 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316), 526 vini Dop/Igp e 5.333 prodotti alimentari tradizionali e con Campagna Amica la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Il Belpaese – continua la Coldiretti – è il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.

L’emergenza globale provocata dal Covid ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che l’Italia può contare su una risorsa da primato mondiale ma deve investire per superare le fragilità presenti, difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali. "Per questo abbiamo elaborato e proposto – continua Prandini – progetti concreti nel Pnrr per favorire l’autosufficienza alimentare e una decisa svolta verso la rivoluzione verde, la transizione ecologica e il digitale. Ma per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia Made in Italy serve però agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno – conclude Prandini – rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci”.


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