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di Davide Ciampini
Carenza di cibo, distruzione, scarsità di beni di prima necessità. Questo il quadro sostanziato nella giornata di ieri dalla dott.ssa Raffaela Baiocchi, la ginecologa che ha partecipato alla missione di Emergency presso la striscia di Gaza. Nei suoi centoventi giorni, ha toccato con mano la precaria situazione umanitaria palestinese, con particolare riferimento alle vite più innocenti: quelle dei bambini. L’incontro si è svolto ad Ascoli Piceno presso la Casa Regina Apostolorum, in una sala gremita per l’occasione. Di particolare rilievo è stata inoltre la partecipazione di S.E. il vescovo Gianpiero Palmieri, che ha declinato il suo intervento su più fronti, prediligendo un approccio storico ed ermeneutico della questione israelo-palestinese.
“Nei mesi trascorsi a Gaza – ha esordito la dott.ssa Raffaela Baiocchi – ho avuto la facoltà di osservare lo svilupparsi degli eventi. Tra il 20 gennaio 2025 e il 2 marzo vi è stato un ‘Cessate il fuoco’, da cui Israele si è ben presto tirato fuori; ho vissuto in un luogo devastato, ma in cui vigeva ancora un barlume di speranza. Le persone avevano un aspetto smunto, emaciato, alla stregua di uno zombie, tanto erano disperate. Naturalmente Gaza è una società con una classe sociale variegata, in cui esistono i ricchi così come i poveri. Contestualmente dall 7 ottobre non vi sono più lavoratori, ancorché la situazione occupazionale fosse già precaria. Ogni sabato, come avrete inteso, è avvenuto lo scambio degli ostaggi, regolato da degli accordi ben precisi. Ma c’è una data che ricordo con dovizia di particolari, ed è quella del 19 marzo quando fummo svegliati da un'esplosione drammatica: il cielo di Gaza era oberato di F16, e il fragore era tale che le finestre della cucina si aprirono, svegliandoci di soprassalto. Il bombardamento avveniva a tappeto, e non vi erano più spazio per la zona umanitaria. A metà luglio la situazione faceva presagire un possibile cessate il fuoco, che tuttavia non avvenne. Ciononostante, ammiro la resilienza dei palestinesi, che hanno affrontato con grande dignità le vicende anzidette. I bambini sono, ovviamente, la parte più debole della popolazione. Essi hanno bisogni assai diversi da noi: devono crescere, diventare adulti, ricevere supporto e stima. La loro necessità sarebbe dunque quella di nutrimento completo, unitamente ad un ambiente consono per accrescere la propria fiducia. Gaza - ça va sans dire - non è evidentemente il posto ideale per compiere questo percorso”.
"Il suono delle campane del 27 luglio – ha proseguito S.E. il vescovo di Ascoli Piceno Giampiero Palmieri - aveva un obiettivo ben preciso: far sentire la vicinanza alla popolazione palestinese. Non credo, come sosteneva Papa Francesco, che siamo diventati insensibili rispetto ai temi umanitari. Ho ascoltato con grande attenzione questo racconto, che non mi ha reso affatto ottimista circa la risoluzione del conflitto. Credo, infatti, che sarà improbabile ottenere la pace. Ma nonostante ciò preghiamo tutti i giorni e suoniamo per essa. La piccola parrocchia di Gaza è un simbolo, ed Israele non vorrebbe distruggerla. Quella piccola comunità vive la sua profonda solidarietà con il popolo palestinese, dunque non ha nessun motivo di gioire se essa viene risparmiata mentre il popolo viene dilaniato. Avere amici ebrei, dialogare con loro, confrontarsi con loro, fa sì che la sofferenza venga messa in comunione. È difficile, persino per queste persone, mettersi in contatto con la loro stessa realtà. Ciò che può far fermare questa guerra è tuttavia l'opposizione del mondo, dimodoché la nostra ferma condanna possa fungere da deterrente rispetto a quanto sta avvenendo”.
autore Davide Ciampini****