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Covid, Istituto Superiore Sanità: “Tasso mortalità 13 volte più alto negli over 80 non vaccinati”

di Redazione Picenotime

Emergono nuovi dati sull'efficacia dei vaccini contro il Covid-19. Secondo quanto riporta l'Istituto Superiore di Sanità, con riferimento al nuovo Documento esteso Covid-19 pubblicato su Epicentro, tra gli over 80 il tasso di ricovero - negli ultimi 30 giorni - è di 8 volte più alto tra i non vaccinati rispetto ai vaccinati con ciclo completo (222,5 contro 26,8 ricoveri per 100.000 abitanti). Inoltre, anche il tasso di decesso tra i non vaccinati è maggiore: 13 volte più alto (129,5 contro 9,8) rispetto a quello dei vaccinati. Viene poi confermata l'efficacia dei vaccini con "forte riduzione del rischio di infezione nelle persone completamente vaccinate rispetto alle non vaccinate”. Nello specifico: 78% per la diagnosi, 93% per i ricoveri, 95% per la terapia intensiva e per i decessi. I dati forniscono anche il quadro su quanto siano efficaci i vaccini in due diverse fasi: a vaccinazione ancora incompleta e poi a ciclo finito. Nel prevenire l'infezione, per esempio, l’efficacia complessiva della vaccinazione incompleta è pari al 63,6%, mentre quella della vaccinazione completa è al 77,6%.

L'efficacia nel prevenire l'ospedalizzazione sale poi all'83,9% per la vaccinazione con ciclo incompleto e al 92,5% per quella con ciclo completo. Sul fronte dei ricoveri in terapia intensiva, invece, l’efficacia dei vaccini è pari all'90,8% per la vaccinazione con ciclo incompleto e al 94,8% per quella con ciclo completo. Sui decessi, infine, l’efficacia è pari all'83,5% per la vaccinazione con ciclo incompleto e al 94,6% per il ciclo completo. Le stime di efficacia riportate non prendono in considerazione diversi fattori che potrebbero influire sul rischio di infezione/ricovero/morte e sulla probabilità di essere vaccinato. “Alcuni aspetti comportamentali potrebbero spiegare la minore efficacia vaccinale stimata nella fascia di età 12-39, soprattutto in relazione al rischio di diagnosi. È noto, infatti, come nella popolazione complessiva, viste anche le difficoltà del contact tracing, una quota di infezioni asintomatiche o con sintomi lievi non siano diagnosticate, e questo è verosimile si verifichi più frequentemente nella popolazione giovane, generalmente colpita dal virus in forma più lieve rispetto alla popolazione adulta”.

Tra i giovani non vaccinati, “lo stigma e la paura di eventuali restrizioni alla loro vita sociale conseguenti un’eventuale diagnosi potrebbero ridurre l’utilizzo dei servizi diagnostici e quindi portare a una sottostima del rischio in questo gruppo e, di conseguenza, a una sottostima dell’efficacia vaccinale. E' possibile che una parte della popolazione giovane, specialmente nelle settimane immediatamente precedenti l’inizio della stagione estiva, si sia vaccinata per non subire restrizioni alle proprie attività sociali, alcune delle quali potrebbero averli sovraesposti a contesti e comportamenti a rischio rispetto ai non vaccinati, causando quindi una riduzione della stima dell’efficacia vaccinale. La maggiore trasmissione osservata in questa fascia di età nelle ultime settimane in cui la variante Delta è predominante in Italia, “potrebbe anche spiegare, almeno in parte, questo risultato, data la minore efficacia dei vaccini contro questa variante”.


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