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Crisi Ucraina, prezzi del grano aumentati del 53% in un mese di guerra

di Redazione Picenotime

giovedì 24 marzo 2022

Non solo carburanti, il prezzo del grano per il pane è balzato del 53% dopo un mese di guerra in Ucraina, ma ad aumentare del 30% è stata anche la soia e dell’11% il prezzo del mais destinati all’alimentazione degli animali negli allevamenti. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base delle quotazioni alla borsa merci di Chicago, punto di riferimento mondiale del commercio dei prodotti agricoli.  A pesare è – sottolinea la Coldiretti – la chiusura dei porti sul Mar Nero che impediscono le spedizioni e creano carenza sul mercato mondiale dove Russia e Ucraina insieme rappresentano il 28% degli scambi di grano e il 16% di quello di mais a livello mondiale secondo il centro Studi Divulga.

Una situazione che – sottolinea la Coldiretti – nei paesi più sviluppati sta alimentando l’inflazione ma a rischio c’è la stabilità politica di quelli più poveri con i prezzi del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina. Non è un caso che la Tunisia abbia pubblicato in gazzetta Ufficiale un decreto presidenziale relativo alla lotta alla speculazione per colpire operazioni di deposito o occultamento di beni e merci con l’obiettivo di creare una penuria o turbativa del mercato.

Una emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 13% ma garantisce anche il 3% dell’import nazionale di grano secondo lo studio Divulga.

Una emergenza destinata a durare poichè – riferisce la Coldiretti – l’Ucraina ha annunciato che per effetto della guerra in primavera riuscirà a seminare meno della metà della superficie a cereali per un totale di 7 milioni rispetto ai 15 milioni previsti prima dell’invasione Russa. Una notizia che è stata accompagnata dall’ annuncio del ministro dell’Agricoltura ucraino, Roman Leshchenko sulla necessaria limitazione delle esportazioni nazionali per garantire la sopravvivenza della popolazione. Un blocco che – conclude la Coldiretti – riguarda anche l’esportazione di fertilizzanti dall’Ucraina che lo scorso anno ne ha esportati 107mila tonnellate in Italia, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.

Dall’Unione Europea arriva il via libera alla semina in Italia di altri 200mila ettari di terreno per una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione, necessari per ridurre la dipendenza dall’estero. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti al vertice con il Ministro Stefano Patuanelli in riferimento alle misure europee adottate per fronteggiare la crisi per la guerra in Ucraina con la messa a coltivazione di ulteriori quattro milioni di ettari nella Ue per ridurre la dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi, che sta mettendo in difficoltà la capacità di approvvigionamento in Italia e nell’Unione Europea. Tra le regioni più interessate – sottolinea la Coldiretti – ci sono la Campania con 10.500 ettari, la Lombardia con 11.000, il Veneto con 12.300 ettari, il Piemonte con 17.544 e l’Emilia-Romagna con 20.200.

Con gli interventi straordinari decisi dalla Commissione Ue può essere garantita all’Italia una produzione aggiuntiva stimata dalla Coldiretti in circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e di tenero per fare il pane secondo l’analisi della Coldiretti, che sottolinea come nel medio periodo si tratti di un quantitativo che può aumentare di almeno cinque volte con la messa a coltura di un milione di ettari lasciati incolti per la insufficiente redditività, per gli attacchi della fauna selvatica e a causa della siccità che va combattuta con investimenti strutturali per realizzare piccoli invasi che consentano di conservare e ridistribuire l’acqua.

Un obiettivo raggiungibile per l’Italia che – secondo la Coldiretti – ha abbandonato negli ultimi 25 anni più di un appezzamento agricolo su quattro (il 28% della superficie coltivabile), perché molte industrie hanno preferito approvvigionarsi all’estero speculando sui bassi prezzi degli ultimi decenni anziché fare accordi di filiera con compensi equi come propone la Coldiretti per stabilizzare le quotazioni e garantire nel tempo l’approvvigionamento. Una soluzione che consentirebbe di limitare fortemente la dipendenza dell’Italia dall’estero da dove arriva ora – continua la Coldiretti – circa la metà (47%) del mais necessario all’alimentazione del bestiame il 35% del grano duro per la produzione di pasta e il 64% del grano tenero per la panificazione, che rende l’intero sistema e gli stessi consumatori in balia degli eventi internazionali

Appare però del tutto insufficiente – evidenzia la Coldiretti – l’annunciato impiego della riserva di crisi della Politica Agricola Comune che per l’Italia significa un importo inferiore ai 50 milioni di euro i quali, anche se possono essere cofinanziati per il 200%, sono assolutamente inadeguati a dare risposte concrete alle difficoltà che stanno subendo aziende agricole e della pesca e gli allevamenti, costretti ad affrontare aumenti insostenibili per energia, mangimi, concimi. Insufficienti secondo la Coldiretti anche i livelli di aiuto previsti dal Quadro temporaneo aiuti di Stato per la crisi Ucraina, appena pubblicato, che prevede un tetto massimo di 35.000 per azienda agricola, ampiamente al di sotto delle reali esigenze.

“A livello comunitario servono più coraggio e risorse per raggiungere l’obiettivo fissato dai capi di Stato a Versailles di migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la nostra dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi”, ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare però come sia necessario che “alle importazioni venga applicando il concetto della reciprocità negli standard produttivi in modo che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Al contrario, va avversato – precisa Prandini – ogni tentativo di ridurre gli standard di sicurezza alimentare con l’autorizzazione di importazioni che mettono a rischio la salute, dal glifosate utilizzato in preraccolta nel grano in Canada alle aflatossine cancerogene in eccesso nei mangimi dagli Usa fino alla concessione di pericolose deroghe ai prodotti contaminati con principi chimici vietati perché pericolosi".

A questo proposito – conclude Prandini – preoccupa il richiamo della Commissione alla flessibilità temporanea ad alcune norme sulle importazioni ma anche le deroghe concesse in Italia dove è già stato consentito di non indicare nelle etichette degli alimenti la provenienza degli olii di semi indicati mettendo a rischio la trasparenza dell’informazione ai consumatori”.


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