Ascoli Piceno, l'omelia del Vescovo D'Ercole nella Santa Messa di Natale

di Redazione Picenotime

domenica 25 dicembre 2016

Pubblichiamo l'omelia che il Vescovo, S.Ecc.za Mons. Giovanni D’Ercole, ha pronunciato questa mattina alla Santa Messa di Natale alle 12.00 nella Chiesa di San Francesco ad Ascoli Piceno dove ha celebrato anche un Battesimo di una bambina figlia di una coppia terremotata di Arquata.


Fin dall’inizio dell’Avvento, per noi ancor più dal terremoto del 24 agosto e del 26 e del 30 ottobre, c’è una domanda che agita il nostro pensiero e scuote il nostro cuore. Siamo provocati dalla costante domanda sulla speranza, un desiderio che si traduce in sete di sicurezza, voglia di futuro più sereno. Questa sete di speranza nasce in verità e si avverte da ogni parte della terra. Una voglia di serenità e di pace davanti alle difficoltà quotidiane e di fronte ai drammi dell’umanità che la cronaca ci racconta e verso i quali si rischia di diventare insensibili, perché assuefatti ormai a ogni tipo di tragedia. 

Sì, è vero: c’è bisogno di speranza per uscire dalla paura della violenza e del terrorismo; c’è bisogno di speranza per uscire dalle spirali della corruzione e della mancanza di saldi punti di riferimento; c’è bisogno di speranza per uscire dall’individualismo e dall’appiattimento sulle cose; c’è bisogno di speranza per non lasciarsi abbattere dalla paura del terremoto e dai problemi che ci aspettano, specie per chi ha perso casa, familiari e lavoro; c’è bisogno di speranza per accettare la malattia e le difficoltà che affaticano il nostro vivere quotidiano. C’è bisogno di speranza per accettare noi stessi e le nostre fragilità. In definitiva, abbiamo bisogno di una speranza che soddisfi le nostre attese, non è infatti di una speranza qualsiasi che abbiamo bisogno, ma di una speranza ardita, capace di guardare oltre l’umano. Questa speranza non può essere costruita da mani umane. Il Natale di Cristo viene incontro a queste domande e ci offre una risposta se apriamo il cuore con fiducia in un’umile preghiera a Dio.  Non ci fa male pregare! 

«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore».  Non temete, cioè recuperate fiducia! Questo è il grido che ha attraversato la notte santa, il grido - notizia che può cambiare la vita di un uomo e la storia dell’umanità. Questa notte, memoria della nascita a Betlemme del Redentore, è stata una notte di contemplazione e di preghiera, una notte decisiva perché nel mistero del Natale è Dio stesso che s’immerge nell’umanità smarrita, che viene a prendere per mano chi non sa più dove risieda la propria dignità e quella degli altri. Oggi, in questa celebrazione, il grido - notizia degli angeli ai pastori di questa notte si è esplicitato nel prologo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”! L’evento del Natale dice due cose: ci fa comprendere chi è Dio e chi siamo noi. Dio che si fa uomo è il cuore del cristianesimo: nessuno, in nessuna religione, ha mai ipotizzato la “pazzia” di un Dio che si fa uomo. Ora però tocca a noi non vanificare questa scelta spropositata di Dio. Tocca a noi, perché dobbiamo resistere alla tentazione del Natale degli addobbi, dei regali e dei consumi per comprendere bene il realismo dell’incarnazione, che costituisce il cuore del Natale. Il Dio che nasce bambino nel buio della notte più lunga dell’anno e nella miseria di una stalla segna la nostra ripartenza! Per sperare abbiamo bisogno di sentirci presi sul serio da qualcuno e qui, se lo vogliamo, possiamo lasciarci abbracciare da un Dio che per noi, per me può dire ciascuno, si è fatto uomo. Sì, fratelli e sorelle, il Natale ci mostra che siamo presi sul serio da Dio, che per amore per noi si è fatto uomo come noi.  È Natale perché siamo amati da Dio! 

Fratelli e sorelle, sostiamo davanti al presepio perché lì capiamo perché e come Dio ci ha amati; comprendiamo  la sua bontà e contempliamo la sua misericordia, che si è fatta carne umana per intenerire i nostri sguardi. Apriamoci alla speranza, accogliamo la speranza, dono natalizio per eccellenza, ripartendo ancora una volta dalla grotta di Betlemme. Questa notte gli angeli hanno proclamato: «Oggi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore». Colpisce, caro Gesù, questo «oggi» ripetuto con tanta insistenza. È ieri, anzi più di 2000 anni fa, che tu sei nato: perché, dunque, «oggi»?  Riflettiamoci bene: l’oggi della liturgia non è il solito oggi degli uomini, ma è l’oggi di Dio che viene e fa nuovi i giorni dell’uomo; è l’oggi in cui tu, Gesù, ti fai contemporaneo a ogni uomo. Ti fai contemporaneo e compagno di viaggio di chi ti accoglie e vorresti farti contemporaneo anche di noi, figli di questo tempo. Ma noi che spettacolo ti offriamo? Ti presentiamo uno scenario non diverso da quello descritto da Isaia: un popolo che cammina nelle tenebre! E di tenebre ce ne sono tante in noi e attorno a noi: da quelle che intorbidano le relazioni a quelle che manomettono la convivenza, da quelle che annebbiano gli stili di vita a quelle che confondono il bene con il male. E però «il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce»! E tu, Gesù, nato a Betlemme, sei la luce che vinci e annienti le tenebre del male, della paura, della violenza, dell’ingiustizia, dell’egoismo, dell’odio e della morte. Grazie, Gesù, perché non ti dimentichi di noi. Grazie perché riservi un oggi anche per noi, impauriti per il nostro mondo: un oggi di luce e di speranza, un oggi di misericordia. Questo, fratelli e sorelle, è il nostro Natale, il Natale dei cristiani, festa della fiducia e della speranza, che supera l’incertezza e il pessimismo. Gesù, se tu vieni a stare con noi, anche se la terra trema non è più soltanto “valle di lacrime”, ma luogo del tuo incontro e della tua solidarietà con noi, radice e sostegno della nostra speranza!


Vescovo Giovanni D'Ercole

Vescovo Giovanni D'Ercole

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