Comunicati Stampa
di Redazione Picenotime
C’è anche la presidente di
Coldiretti Marche, Maria Letizia Gardoni, sul lungomare Nazario Sauro
di Bari per la grande mobilitazione nazionale promossa
dall’organizzazione agricola per dire basta ai trafficanti di
grano. Bandiere gialle e cartelli, alla protesta stanno partecipando
anche centinaia di agricoltori marchigiani, arrivati dalle province
di Macerata, Fermo e Ascoli, per sostenere la protesta. In tutto più
di 20mila coltivatori da tutta Italia hanno riempito, oltre quella
del capoluogo pugliese, cuore della manifestazione, le piazze di
Palermo, Cagliari, Firenze e Rovigo.
«Difendere i produttori
significa difendere i cittadini e la nostra sovranità alimentare -
ha detto la presidente Gardoni – chiediamo misure concrete per
ridare dignità al lavoro agricolo. Per questo Coldiretti ha
presentato un piano in sette punti per salvare il grano italiano:
dall’istituzione immediata della Commissione Unica Nazionale (CUN)
del grano duro, per superare le borse merci locali e fermare il
meccanismo opaco che consente le pratiche sleali di chi compra sotto
prezzo, al rafforzamento dei contratti di filiera, fino al blocco
delle importazioni trattate con glifosato all’indicazione di
origine del grano duro da estendere a livello europeo».
La rabbia
del mondo agricolo nasce dal crollo dei prezzi: il grano duro è
precipitato a 28 euro al quintale, -30% in un anno, mentre i costi di
produzione sono saliti del 20% dal 2021. Così, mentre sugli scaffali
un chilo di pasta arriva a costare 2 euro, agli agricoltori non
restano che 28 centesimi al chilo. Una forbice che mette in ginocchio
le aziende, soprattutto al Sud ma anche nelle Marche, dove il
comparto cerealicolo conta 104mila ettari, di cui 79mila a grano
duro, con oltre 4 milioni di quintali di produzione. Il valore
complessivo del settore marchigiano è di 182 milioni di euro, con 85
milioni di export verso Usa, Francia e Germania. Ma sono oltre 10mila
le aziende regionali che rischiano la sopravvivenza, insieme a un
paesaggio agricolo destinato all’abbandono e alla desertificazione.