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Ascoli Calcio, Moro: “Uomo squadra grazie ai consigli di Suarez e Renna. Juve sfiorata nel 1980...”

di Redazione Picenotime

Adelio Moro

Adelio Moro

Adelio Moro

La "Gazzetta dello Sport" ha pubblicato oggi un'interessante intervista a cura di Andrea Schianchi ad Adelio Moro, uno dei giocatori più rappresentativi nell'ultracentenaria storia dell'Ascoli Calcio. Il talentuoso centrocampista lombardo, nato il 14 Aprile 1951, ha collezionato ben 153 presenze e 30 reti in maglia bianconera dal 1976 al 1981. In carriera ha giocato anche con Atalanta, Cremonese, Inter, Verona, Milan, Cesena ed Ospitaletto. 

All'Inter a 21 anni, come fu quell'estate? "Il sogno si avverava. All'Atalanta ero il pupillo del presidente Achille Bortolotti che mi cedette a malincuore. Di solito da Bergamo si andava alla Juve, ma i buoni rapporti tra i dirigenti fecero sì che io, Doldi e Magistrelli finissimo all'Inter. Trovati tanti giovani: Bini, Oriali, Bordon, Guida, Muraro. E poi il mio maestro, il grande Facchetti, che era delle mie parti, mi prese sotto la sua ala e mi protesse dalle critiche".

Impegnativo il paragone "piccolo Rivera"? "In quell'estate cercai di leggere poco i giornali e di ascoltare i consigli dei senatori. Nell'inter c'era tutta la vecchia guardia, quella che con il Mago Herrera aveva vinto tutto. Mazzola, Bedin, Bertini, Corso, Boninsegna. Loro mi parlavano e io prendevo appunti. Ero stato acquistato come vice Mazzola, alla fine del campionato feci 23 presenze e 5 gol. Mica male. Che giocatore ero? Ora si direbbe che avevo le caratteristiche del trequartista. Un Pirlo prima maniera. Fisicamente non eccezionale, mingherlino. Scattavo sempre però, per arrivare dall'altra parte bisognava fare 60 metri, non come adesso che si gioca in un fazzoletto. La tecnica, comunque, non mi mancava".

Dei tre giovani arrivati all'Inter da Bergamo lei fu quello che resistette di più. "Io, quando entravo dalla panchina, cambiavo la partita. Mi mettevano sulla destra o sulla sinistra, una finta e poi avevo avevo un tiro secco e preciso, oppure cercavo in triangolo con Boninsegna. Sono rimasto tre stagioni all'Inter e posso dire che lì ho imparato ad essere calciatori. I miei maestri? Mi sono trovato bene con Invernizzi, con il Mago Herrera e poi soprattutto con Suarez. Mi fermavo con Luisito dopo l'allenatore: mi faceva provare il calcio lungo. Mi diceva: "Hai un bel lancio, secco, preciso. Bisogna lavorarci, ma questa è la tua caratteristica più importante". Fu Suarez a farmi capire che potevo arretrare il raggio d'azione e diventare un classico regista". 

La sua completa maturazione avvenne ad Ascoli, sul finire degli anni '70. "Ricordavo le lezioni di Suarez, il calcio s'era fatto più atletico e io sentivo il bisogno di toccare più palloni. Là davanti, come trequartista, mi arrivava poche volte, io invece lo volevo sempre. Incontrai Mimmo Renna, grande allenatore. Mi proposte di fare il regista, mi mise al fianco un paio di mastini che mi proteggevano le spalle e correvano per me e così l'Ascoli decollò. Ero un uomo squadra: palla a me, lancio lungo e gli attaccanti sgommavano".

E' vero che il suo modo di giocare piaceva anche al ct della Nazionale Enzo Bearzot? "Mi telefonò e mi disse che mi avrebbe inserito nella lista dei 30 prima delle convocazioni per gli Europei del 1980. Avevo fatto un gran bel campionato. Eravamo in concorrenza io e Beccalossi: alla fine nessuno dei due andò all'Europeo, ma non importa. Di fatto, avevo dimostrato a me stesso che, cambiando ruolo grazie ai consigli prima di Suarez e poi di Renna, ero un calciatore di buon livello. Erano passati otto anni da quando ero sbarcato all'Inter impaurito come un pulcino. Di strada ne avevo percorsa e soprattutto ero orgoglioso di aver sempre saputo ascoltare i consigli di chi, di calcio, ne sapeva più di me. Sapete quante volte Facchetti mi disse: "Adelio, devi comportarti così...". Oppure quelli che mi suggerivano Burgnich o Bertini. Niente rigori all'Inter? Era impossibile. Appena l'arbitro indicava il dischetto, il pallone spariva. L'avevo preso Boninsegna e non c'era verso di farselo dare. I rigori erano di Bobo!".

Torniamo ad Ascoli ed alla primavera del 1980. Cosa successe? "E' un viaggio che faccio volentieri, anche se devo confessare il mio rimpianto. Mi telefonò Trapattoni, almeno una decina di volta e poi anche il presidente Boniperti. Mi volevano alla Juventus. Io ero d'accordo. Vanno a parlare con il presidente dell'Ascoli Costantino Rozzi che per il mio cartellino chiede un miliardo e mezzo. Troppo. In quel periodo alla Fiat c'erano scioperi, licenziamenti, gli Agnelli non potevano far vedere che spendevano così tanto. Così io restai ad Ascoli e la Juve,  siccome erano state riaperte le frontiere, prese Brady dall'Arsenal per 900 milioni. Avevano risparmiato e si erano messi in casa un campione. A me restò l'amaro in bocca. Se fossi andato alla Juve, forse la mia carriera sarebbe stata diversa. Ho perso il treno, succede, basta non piangersi addosso".


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Commenti

LORENZO CAPRO'
giovedì 20 agosto 2020

UNO DEI CALCIATORI PIÙ FORTI DELLA STORIA DELL' ASCOLI, UN FENOMENO!


Cecco d'Ascoli
giovedì 20 agosto 2020

Grazie Adelio.....per quanto fatto per questa maglia!


Per sempre Ascoli
giovedì 20 agosto 2020

Direceu, Moro e Gola...nell'ordine i migliori registi ce hanno vestito la maglia dell"Ascoli!


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