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A Comunanza la leggenda 'Andrea Moda Formula'. Proiezione del docufilm e incontro con i protagonisti

di Redazione Picenotime


Giovedì 30 ottobre, nell’ambito del 5° Festival Storie, l’Auditorium Adriano Luzi di Comunanza ospiterà una serata-evento dedicata a una delle vicende più incredibili e iconiche della Formula 1: la storia della Andrea Moda Formula, la scuderia marchigiana che nel 1992 tentò l’impresa di competere nel campionato mondiale con mezzi e ambizioni fuori dall’ordinario. Dalle ore 20 il pubblico potrà partecipare a un aperitivo conviviale, seguito alle 21 da una conversazione con il protagonista del film, Andrea Sassetti, imprenditore calzaturiero e fondatore della scuderia. A seguire, alle 21.15, verrà proiettato il film documentario “Andrea Moda Formula – La scuderia più folle di sempre”, diretto da Giordano Viozzi, Massimiliano Sbrolla e Cristiano Coini. Il docufilm è stato in parte finanziato dalla Film Commission della Regione Marche. Attraverso immagini d’archivio, testimonianze inedite e interviste a protagonisti del calibro di Nigel Mansell, Stefano Domenicali, Alex Caffi, Perry McCarthy e Roberto Moreno, il film racconta le difficoltà, le intuizioni e il celebre “miracolo” di Montecarlo, quando per la prima e unica volta la Andrea Moda riuscì a qualificarsi a un Gran Premio di Formula 1. Parte dell’incasso verrà devoluto alla Croce Rossa Italiana Comitato dei Sibillini. Biglietti in vendita sul circuito ciaotickets o giovedì direttamente al botteghino: 15 euro (intero), 8 euro (ridotto). Informazioni: 0734.632800 e 0734.710026. Ne parliamo con il regista Giordano Viozzi.

 

Viozzi, il docufilm racconta di un imprenditore di provincia che sogna la Formula 1 e finisce sotto i riflettori del mondo. Qual è stata la scintilla che vi ha spinto – insieme a Sbrolla e Coini – a riportare sullo schermo la vicenda di Andrea Moda Formula?

È partita tutto da qui, dalla provincia. Siamo marchigiani e la storia di Sassetti l’abbiamo sempre sentita raccontare come una leggenda locale: l’imprenditore calzaturiero che riesce nell’impresa di entrare nel circuito della Formula 1. Ci siamo detti: com’è possibile che nessuno abbia mai raccontato questa vicenda? Da lì la curiosità è diventata ossessione. Più scavavamo, più ci accorgevamo che non era solo una storia di corse, ma un pezzo d’Italia, di sogni e di follia anni ’90”.

Come avete lavorato per restituire la follia e al tempo stesso la genuinità e il coraggio di quell’avventura, senza scadere nel caricaturale?

La caricatura era il rischio più grande. La storia è folle, certo, ma dietro c’è anche tanto coraggio, perfino poesia. Abbiamo cercato di non fare i “giudici”, ma di ascoltare chi c’era: meccanici, piloti, giornalisti, amici. Le loro voci restituiscono l’assurdo, ma anche l’umanità. Il tono è ironico, sì, ma sempre con rispetto. Perché alla fine quella di Sassetti è la storia di uno che ci ha provato davvero, e questo merita empatia”.

La presenza di campioni come Nigel Mansell e di figure istituzionali come Stefano Domenicali conferisce grande autorevolezza al racconto. Come siete riusciti a coinvolgerli?

Non è stato facile. All’inizio sembrava impossibile, poi quando hanno capito che non volevamo fare una caricatura ma raccontare un pezzo autentico di Formula 1 le porte si sono aperte. Abbiamo lavorato quattro anni, raccolto materiali, costruito credibilità. Quando vedi che dietro c’è una ricerca seria, anche i grandi nomi si fidano. E in fondo, quella storia appartiene anche a loro: fa parte di un’epoca che non esiste più. Devo però dire che per Mansell e Domenicali un aiuto decisivo è arrivato da una vecchia conoscenza del paddock: Franco Panariti, giornalista che di quel mondo conosce vita morte e miracoli. È stato un onore avere Franco al nostro fianco, che ha accorciato di chilometri le distanze che ci separavano da quei due mostri sacri”.

Oggi Andrea Sassetti come verrebbe accolto in Formula 1?

Sarebbe un alieno. La F1 di oggi è marketing, controllo totale, ingegneria ed elettronica. Uno come Sassetti, con quella spontaneità e quella faccia tosta, non durerebbe un weekend. Però, paradossalmente, è proprio per questo che la sua storia oggi colpisce tanto: rappresenta l’ultima volta in cui con un sogno folle si poteva davvero entrare in quel mondo. Oggi sarebbe impossibile… e un po’ ci manca quella che potremmo definire poesia”.

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