Cala il sipario sulla quarta edizione di Asculum Festival. A chiudere la rassegna il regista Pupi Avati
di Davide Ciampini
domenica 15 settembre 2024
Incontri, riflessioni, testimonianze. Quello dell'Asculum Festival è ormai diventato un appuntamento fisso per gli amanti della crescita personale. Giunto alla sua quarta edizione, ha richiamato persone da tutta Italia. Numerosi gli sopiti di spicco, tra cui Alessandro D'Avenia, Don Alberto Ravagnani ed il regista Pupi Avati. Ed è stato proprio quest'ultimo a chiudere l'evento conclusivo presso il teatro "Ventidio Basso" di Ascoli Piceno.
"Nella mia carriera - ha esordito - ho fatto più di 54 film, molti dei quali hanno deluso le aspettative. Nella carrierea di un regista, sono più i fallimenti che i successi. Le pellicole che non hanno avuto riscontro sono, per me, come dei figli. Il paragone è assai calzante, in quanto mi ha fatto pensare al tema del sogno non realizzato. Sono infatti molte le persone che, nonostante i tentativi, non raggiungono i loro obiettivi. Dovete sapere - ha poi proseguito - che quella da cui provengo era un'Italia diversa. Sono nato nel 1938: il tempo della dittatura, del terrore, dei palazzi che crollano. Ho vissuto tuttavia anche l'Italia festosa della Liberazione. A Bologna, a quel tempo, ogni cortile era una sala da ballo. Era l'Italia magnifica, quella del piano Marshall. Ed è proprio Bologna che mi rammenta la mia amicizia con una persona speciale: Lucio Dalla. I miei ricordi più belli risalgono agli anni '50: i primi amori, le scorribande, le giornate con gli amici".
Numerosi sono stati gli ospiti che si sono avvicendati sul palco. Tra questi la scrittrice e podcaster Mapi Danna. Una dissertazione a tutto tondo la sua, in cui ha toccato i principali itemi afferenti la cresita personale.
"Gli ultimi dati sulla salute mentale - dice - ci restituiscono uno spaccato che non lascia spazio a dubbi: il 30% della popolazione soffre di almeno un disturbo. Quali sono le principali cause di questo malessere? La risposta è presto detta: le relazioni. Si rende dunque necessario apprendere alcune competenze relazionali. Tra queste, la capacità di vedere le persone per ciò che sono, e non per quello che noi vorremmo che fossero. A tal proposito, ho ideato il pensiero del riconoscimento; un pensiero strategico, basato su sei porte, ciascuna contenente una domanda. Il suo scopo è quello di traghettarci verso relazioni più sane. La scelta del numero sei non è affatto casuale. Si tratta sì di un numero, ma allo stesso tempo di un verbo: 'Sei'. Dobbiamo - ha sottolineato - riscoprire il nostro sé più profondo. E tutto ciò non può prescindere dal riconoscimento dei nostri bisogni, che sono stati teorizzati da Abram Maslow attraverso la sua celebre piramide: bisogni di sicurezza, di riconoscimento e di realizzazione. Essi ci guidano verso la felicità: una felicità autentica, più profonda. Solo conoscendoli possiamo avere una bussola che ci guidi verso i traguardi che ci siamo prefissati".
Di particolare rilievo il contributo di Anthony Smith. Già dirigente di Nike Europa e Levi Strauss, è un mental coach statunitense.
"Come sapete - ha dichiarato - ho speso buona parte della mia vita lavorando per due multinazionali, Nike e Levi's. Qualche anno fa, mentre lavoravo per il noto marchio di calzature, ho deciso che avrei costruito un albero: l'albero della mia vita. A quel tempo era successo qualcosa dentro di me. Nonostante la carriera fatta, non ero felice. C'era infatti qualcosa che mi diceva che non ero sulla mia strada. Inutile dire che tutto ciò mi creò delle evidenti frustrazioni. Successivamente, parlai ai miei cari della scelta di lasciare l'azienda, senza tuttavia trovare comprensione. Da lì capii l'importanza di circondarsi di persone positive. Le radici fanno parte di voi e dicono molto su chi siete. È dunque necessario - ha chiosato - allontanarsi da chi sostiene che non possiamo farcela".
Pertinente è stato infine l'intervento di Cinzia Pennesi. Nata a Tolentino, è pianista, direttrice d'orchestra e compositrice.
"Quanto è importante l'aria nella nostra vita? La parola, così come la vita, passa da essa. Il pianto del bambino corrisponde infatti alla sua prima respirazione. Esso ci ricorda di essere grati del dono dell'esistenza. Tutto ciò che vogliamo rappresentare, anche a livello emotivo, passa per una sonorità. Emblematico il 'baby talk', ossia un modo con cui i genitori catturano l'attenzione dei bambini. A tal proposito, la stanno studiando per attuare una pratica di formazione".
Da segnalare la grande affluenza di pubblico, che ha salutato i relatori dell'evento con un lungo, scrosciante, applauso.
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