Capanne a Tholos ed eremi di Colle San Marco, suggestivo tuffo nel passato
di Redazione Picenotime
giovedì 18 luglio 2013
Il Festival dell'Appennino 2013, patrocinato dal Ministero dell'Ambiente, appena conclusosi il 10 Luglio ad Ascoli Piceno, ha ospitato il 7 Luglio gli ascolani Narciso Galiè e Gabriele Vecchioni che per l'occasione hanno presentato la loro ultima opera: "Le capanne a tholos della Montagna dei fiori".
Le capanne a tholos (che in greco vuol dire "a cupola") sono diffuse in Abruzzo e concentrate in tre aree montane: La Montagna dei fiori (al confine con le Marche), il Gran Sasso (nella sua parte a sud) e la Maiella. Queste capanne in pietra, dialettalmente conosciute come "caciare", davano conforto ai pastori dalle intemperie e dalla stanchezza. Lo storico americano Bernard Rodofsky definì le capanne a tholos come una "architettura senza architetti", inserite nel contesto ambientale senza la volontà di dominare la natura, umilmente accostandosi ad essa come a chiederle il permesso di esserci. Quella semplicità strutturale della capanna rievoca l'umiltà della vita pastorale talmente lontana da noi che difficilmente riusciamo a percepirla; ma che solo la Memoria fisica di queste capanne ci può appena far sentire.
Nel libro possiamo leggere un passo molto poetico che ricorda la cosiddetta "forma sedimentata" di cui parla il filosofo Theodor Adorno, quella forma che evoca una moltitudine di storie e significati: "Una moltitudine di persone ha frequentato i sentieri della Montagna dei Fiori, luogo storico per eccellenza. Re e papi, monaci ed eremiti, soldati e briganti, carbonai e pastori, viandanti e partigiani, tutti hanno lasciato una traccia sulla sua ´pelle´. Tra i segni più duraturi, le caciare (capanne a tholos) testimonianza del lavoro umile dei pastori, sentinelle silenziose del paesaggio, che stupiscono per il loro mirabile equilibrio e per la discrezione elegante con la quale si inseriscono nelle solitudini montane".
In questo passo vengono nominati anche gli eremiti, protagonisti con i loro eremi di un'altra (ma non sola) proficua collaborazione tra Galiè e Vecchioni: "Gli eremi di Colle San Marco", pubblicato a cura dell'UPLEA (Università itinerante popolare del tempo libero e della libera età di Ascoli Piceno) dove da qualche anno sono docenti del corso "Ambiente e Territorio". Un corso nato dall'amore per il territorio ascolano e limitrofo che li ha portati a parlarne sia nei loro corsi sia attraverso i loro libri ma anche a organizzare e vivere attivamente percorsi escursionistici, aperti a tutti, nelle stagioni più favorevoli.
Il territorio ascolano è un territorio che ha da sempre affascinato coloro che si avvicinano a queste zone, in particolare per la sua varietà di paesaggio. Amedeo Crivellucci, storico acquavivano dell'Ottocento, ha per me colto in una sola frase l'essenza di questo territorio: "Tra i monti e il mare una lunga distesa di colline. Una lunga pianura ondulata simile ad un mare agitato".
Ora, tornando ai testi, la Montagna dei Fiori e il Colle San Marco sono quei luoghi dove gli ascolani compiono le prime escursioni nella natura. Sul Colle sono presenti resti di eremi e conventi risalenti al periodo altomedievale. Il più noto però è quello di San Marco (nella foto), fondato dai cistercensi nel XIII secolo e visibile da molti posti della città. La stesura di questo testo è stato definito dagli autori un "atto dovuto" perchè da tempo si assiste al degrado della struttura e, secondo loro, il rispetto dell'ambiente deriva dalla conoscenza. La chiesetta di San Marco, abbarbicata alla rupe di travertino, è poesia per la vista. Essa va inquadrata in un'opera di valorizzazione globale di tutto ciò che le vive attorno.
Il volume dedicato all&39eremo di San Marco ma tratta di tutti gli eremi esistenti sulla Montagna dei fiori. La passeggiata escursionistica che viene proposta nel testo coinvolge sia dal punto di vista fisico sia da quello mentale. Nella Prefazione il Prof. Antonio Rigon (studioso di storia medievale e Presidente del Comitato Scientifico-Giuria Premio Internazionale Ascoli Piceno) scrive infatti: "È una preziosa risorsa cui attingere. Nel dire questo non penso tanto o soltanto alle possibilità di sfruttamento economico-turistico, prospettiva oggi ossessivamente dominante. Si tratta piuttosto di risorse spirituali e culturali, legate a un ambiente straordinariamente suggestivo, da non sperperare e distruggere perchè capaci, se ben tutelate, di arricchire per sempre, più che le tasche, l'animo, la mente e il cuore di chi, stabilmente oppure occasionalmente, con quell'ambiente entra in contatto".
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