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Grottammare, al Museo Vidacilius la raffinata mostra “Shunga. Amore e Passione nel Mondo Fluttuante”

di Elisa Mori

martedì 17 agosto 2021

Fino al prossimo 31 agosto sarà visitabile, presso il Museo Vidacilius a Grottammare, la raffinata mostra dal titolo Shunga. Amore e Passione nel Mondo Fluttuante, a cura dell’antropologo Giacomo Recchioni e organizzata dall’Associazione culturale Vidacilius.

L’esposizione porta, per la prima volta nelle Marche, dopo le sedi di Roma e Berlino, la prestigiosa collezione Shunga Vallorani nello storico Palazzo Vallorani (già Recco almeno dal 1813, Laureati, De Nardis) di Grottammare. La collezione, iniziata dal pioniere della ricerca Shunga in Giappone Prof. Gismondo Brizio, è oggi di proprietà del collezionista e mecenate Agostino Vallorani, che nel tempo l’ha arricchita di importanti acquisizioni dalle maggiori case d’asta inglesi contribuendo a farla diventare una delle maggiori raccolte, per vastezza e completezza, esistenti in Occidente in relazione al Periodo Edo (1600 – 1858).

Cosa sono le Shunga? Il termine Shunga letteralmente sta per “immagini di primavera”, un modo alquanto delicato e poetico di definire l’atto sessuale. Si tratta in realtà di vere e proprie stampe, più precisamente delle xilografie policrome, a soggetto erotico, il più delle volte realizzate dai maggiori maestri della scuola Ukiyo, tra i quali è possibile annoverare Moronobu, Utamaro e Hokusai, particolarmente noti e considerati tra i massimi esponenti dell’arte pittorica giapponese.

Le Shunga, come dimostrano molte delle opere esposte in mostra, venivano prodotte e vendute sia come singole stampe, sia in formato di libro con dodici esemplari, meglio noto come “epon” o ancora più ricercate erano quelle in forma di vero e proprio papiro.

Il percorso di mostra, nella successione di stampe singole, papiri, libri in miniatura, oggetti e suppellettili, non fa altro che trasmettere al visitatore l’atmosfera elegante e raffinita di questa tipologia di produzione, in cui protagonisti sono soprattutto uomini della nuova borghesia mercantile e geishe colti mentre attingono alla sfera del piacere sessuale e della passione spesso ripresi in ambienti caratterizzati da un’abbondanza di dettagli decorativi e di elementi di arredo che si riverberano, con altrettanta ricchezza, nelle acconciature, nelle vesti o nei tatuaggi dei protagonisti ritratti, dimostrando così una profonda ricerca pittorica che spesso coincide con un percorso tanto creativo quanto estetico.

La finalità delle stampe Shunga, come sottolineato dallo scrittore e giornalista Daniele Grespan in uno dei saggi del pregevole catalogo a corredo della mostra, oltre a solleticare l’eros, avevano anche altre molteplici funzioni, fino ad arrivare a quella di essere dei veri e propri manuali amorosi per le spose giovani e inesperte o addirittura fungere da portafortuna per i samurai che andavano in guerra.

Oriente e Occidente, dunque, sono due mondi che si affascinano, che si rispettano ma che nel contempo amano completarsi e influenzarsi a vicenda, così conclude la sua presentazione in catalogo il curatore della mostra, Giacomo Recchioni, che invita i visitatori ad esplorare le opere esposte “servendosi del proprio sguardo interiore per vedere con altri occhi un mondo segreto, a dir la verità presente in ognuno di noi”.




Giacomo Recchioni e Giorgia Latini

Giacomo Recchioni e Giorgia Latini

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