''La Milanesiana'', a Montalto delle Marche va in scena la lectio magistralis di Vittorio Sgarbi
di Davide Ciampini
sabato 06 luglio 2024
"La Milanesiana" fa tappa per la prima volta a Montalto delle Marche. Giunto alla sua venticinquesima edizione, il festival ideato da Elisabetta e Vittorio Sgarbi ha riscosso una grande partecipazione popolare. In centinaia hanno infatti seguito la lectio magistralis del critico d'arte ferrarese, il cui nome deriva dal suo ultimo libro "Arte e fascismo".
Riscoprire l'arte nonostante il fascismo. È questo l'obiettivo che si prefigge Sgarbi con il suo nuovo libro. Secondo lo stesso, infatti, la potenza dell'arte trascende qualsivoglia ideologia o partito politico; finanche la più infausta per la storia d'Italia: quella fascista. L'intento non è dunque riabilitare il Ventennio, bensì dare omaggio a quelle opere la cui colpa è stata quella di essere state realizzate in quel periodo storico. Opere che per ottant'anni hanno subito censure, vitupero e qualsivoglia genere di ingiuria. Ecco perchè - dice lui - è necessario dividere la condanna del regime da quello che fu il valore artistico del tempo intercorso tra il 1921 ed il 1945.
Ad introdurre l'evento Elisabetta Sgarbi che ha dichiarato: "Sono davvero felice che il nostro festival sia arrivato in questo borgo. Gli abitanti delle Marche ci conoscono bene, da sette anni organizziamo festival nella regione. Valorizziamo i borghi meno blasonati dando loro la giusta risonanza mediatica. Il simbolo della Mianesiana è una rosa, donataci da Franco Battiato in occasione della nostra prima edizione. Ogni anno diamo un'accezione diversa a questo appuntamento; quest'anno il tema fondante è quello della timidezza. Infatti, il colore della rosa è di intensità progressiva: si parte da un rosso tenue fino ad uno più acceso".
Successivamene è stato poi il turno del primo sindaco Daniel Matricardi, che ha portato i saluti istituzionali: "È per me un onore avere qui una tappa della Milanesiana, ringrazio pertanto Elisabetta sgarbi e Francesca Filauri. Questo è il compimento del nostro progetto metroborgo; un neologismo coniato al fine di coniugare gli aspetti peculiari dei piccoli paesi - convivialità, semplicità - a quelli presenti nelle grandi città: mostre, arte su tutte. Montalto sta vivendo un grande cambiamento, la cui matrice è di base culturale. La timidezza è un sentimento che rappresenta perfettamente i nostri borghi, i cui tesori sono occulti, nascosti. Non è naturalmente un aspetto negativo, bensì un modo per sviluppare potenzialità ed emergere".
A seguire l'intervento di Francesca Filauri, presidente dell'associazione 'Culturalmente Insieme': "Ringrazio Matricardi, che definisco un visionario, in quanto ha valorizzato questo borgo rendendolo un vero gioiello. Molteplici gli eventi qui organizzati; quest'anno, però, abbiamo raggiunto l'apoteosi del nostro lavoro, portando qui un festival di spicco quale quello della Milanesiana. Il tema, l'ha ricordato il sindaco, è quello della timidezza, la cui accezione è sovente negativa. Grazia a questo festival abbiamo invece il suo valore positivo: un valore di leggerezza, di sensibilità".
Prosegue poi Stefano Papetti, che ha introdotto la lezione asserendo: "Non è un caso che questa serata avvenga nel giorno della nascita di Giuseppe Sacconi. Sgarbi è certamente lo storico dell'arte più coraggioso, specialmente in questi anni. In questo panorama dell'arte del Ventennio verranno messi in rilievo figure importanti. Tra queste spicca certamente quella di Margherita Sarfatti, ossia l'animatrice del movimento 'Novecento', nella cui compagine c'era anche il nostro Osvaldo Licini che non può certamente essere accusato di connivenza con il fascismo, sì che fu sindaco comunista. L'arte non ha dunque partito e questo lo possiamo cogliere in figure come la sua. Le sue opere non corrispondevano ai gusti di Togliatti, il cui massimo ideale di arte era quello di Guttuso".
La parola è poi passata a Vittorio Sgarbi che, prima di ogni dissertazione sull'arte, ha così detto: "Sotto il Ventennio gli italiani hanno patito l'interdizione della parola e l'abominio delle leggi razziali. La professione di antifascismo viene chiesta a tutti i governi, ivi compreso quello in carica. Dobbiamo sempre ricordare che il male ha una forza di attrazione molto potente ma, nonostante ciò, non vi è alcun rischio di ritorno dell'ideologia medesima. Quanto alle opere d'arte, è necessario ricordare un aneddoto personale. Diversi anni fa ebbi la ventura di presentare il libro di Sciascia a Ragusa e ne fui davvero estasiato. In quell'occasione lui mi raccontò di un episodio personale. Si trovava in un palazzo comunale quando, ad un tratto, vide delle opere d'arte coperte da un telo. Si trattava di opere d'arte prodotte in epoca fascista. Ecco, questo è quello che l'arte di quel tempo ha dovuto patire per ottant'anni: damnatio memoriae, ingiurie e oblio. Una volta scoperti, vennero fuori diversi affreschi di campagne, paesaggi ed attività contadine di Cambellotti. Oltre a lui, degno di nota fu certamente il pittore Giorgio Morandi, che soleva intendere la pittura come un qualcosa di intimistico. L'artista dipingeva spesso oggetti, scatole e lampade come diario delle sue giornate bolognesi. Gli oggetti rappresentano ciò che lui non sentiva: il fascismo, la repressione, il male che imperversva nelle strade. Quasi un modo per astrarsi dalla realtà"
La serata è poi proseguita con l'esposizione delle opere d'arte contenute nel testo, fra aneddoti, peculiarità e dettagli.
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