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Viaggio nella storia: il Vettore rifiuta la presenza di croci cacuminali e rifugi

di Camillo Berardi

giovedì 20 gennaio 2022

Alla fine del XIX secolo, per celebrare il Giubileo del 1900, Papa Leone XIII propose la costruzione di 19 monumenti dedicati al Redentore, da realizzarsi sulle vette dei monti-simbolo di regioni italiane, indicati in una mappa del 1899. Furono scelti il Mombarone nel Piemonte settentrionale, il Monviso nel Piemonte meridionale, il Monte Saccarello in Liguria, il Matajur nel Triveneto, il monte Cimone in Emilia-Romagna, il Corno alle Scale nella Toscana settentrionale, il monte Amiata nella Toscana meridionale, il Vettore in Umbria e nelle Marche, il monte Cimino nel Viterbese, il monte Guadagnolo nel Lazio. il Gran Sasso d’Italia nell’Abruzzo settentrionale, la Majella nell’Abruzzo meridionale, il monte Altino in quel tempo compreso nella Campania occidentale, il Monte Acero nella Campania interna, Martina Franca in Puglia, Montalto d’Aspromonte in Calabria, Monte San Giuliano in Sicilia, Monte Ortobene in Sardegna. Successivamente fu aggiunto il monte Capreo nei pressi di Carpineto Romano nel Lazio, città natale del Pontefice Leone XIII. A questo elenco ufficiale di 20 montagne distribuite su tutto il territorio nazionale, si aggiunsero spontaneamente altri monti che erano stati esclusi, i cui comitati vollero accogliere ugualmente l’appello del papa per consacrare una cima al nuovo secolo, provvedendo con un’iniziativa indipendente. Non furono realizzati tutti i monumenti previsti nel progetto originario e alcuni di essi furono edificati anche negli anni successivi a quello del Giubileo. Alla fine del 1900, la Porta Santa della Basilica di San Pietro fu chiusa, murando anche 20 pietre o mattoni della stessa natura con cui erano formati i basamenti di ciascun monumento dedicato al Redentore.

Sulla vetta del monte Vettore, nel settembre del 1902 fu conclusa l’erezione di un’enorme croce in ferro che dopo una ventina giorni fu abbattuta dalla violenza del vento. Nell’estate dell’anno successivo, con il contributo delle diocesi di Ascoli, Camerino, Fermo, Foligno, Macerata, Montalto, Narni, Norcia, Rieti, Ripatransone, San Severino, Spoleto, Terni, Todi e Tolentino, fu conclusa l’erezione di un secondo grandioso monumento dedicato al Redentore: consisteva in una croce in ferro alta 20 metri, alla cui base fu costruito un rifugio in pietra. Anche questa croce monumentale fu contorta dal vento e si schiantò al suolo come mostra l’antica foto allegata, tratta dall’archivio di G.B. Bucciarelli. Con il tempo, collassò pure il rifugio “Oratorio” in pietra che costituiva anche il basamento della croce grandiosa.  

In epoca più recente, una croce metallica molto più piccola, una semplice croce di vetta, è stata posta sulla cima del Vettore, ma l’azione del vento, dei fulmini, della galaverna e dei ghiacci invernali, ha contorto inesorabilmente anche questa, che è rimasta con il braccio verticale fortemente piegato, anche dopo i violenti terremoti del 2016 e 2017, sino a quando i tecnici dell’Ingv l’hanno rimossa per collocare in questo punto una centralina di rilevazione e monitoraggio delle onde sismiche…! Questa è la breve storia dei simboli realizzati sul vertice della montagna.

Il monte Vettore e il monte Redentore nel massicio dei monti Sibillini, con le loro creste parallele vicinissime e raccordate ad “U”, racchiudono una spettacolare valle glaciale che accoglie il suggestivo lago di Pilato a 1941 m s.l.m., sovrastato dalle pareti verticali di Pizzo del Diavolo, un imponente sperone roccioso con il vertice posto a breve distanza dalla cima del Redentore.

Nel 1933, il CAI di L’Aquila, spinto dagli amici del CAI di Macerata, costruì un rifugio nei pressi del lago di Pilato, che era un utile punto di appoggio per effettuare scalate sulle rocce calcaree di Pizzo del Diavolo. Il rifugio fu dedicato all’alpinista romano Paolo Emilio Cicchetti, morto drammaticamente insieme al compagno di cordata Mario Cambi sul Gran Sasso, nell’inverno del 1929. Questo giovane montanaro, soltanto tre mesi prima della tragedia sui monti abruzzesi, era stato il primo scalatore della parete sud-est del Vettore. La costruzione del manufatto terminò nell’autunno 1933, ma l’inaugurazione prevista nella primavera dell’anno successivo non avvenne, giacché una colossale valanga si staccò dal Vettore nell’inverno seguente e travolse il rifugio, polverizzandolo. La struttura del tetto fu sollevata dalla violenza della valanga e scaraventata 200 metri più in alto, sulle balze rocciose di Pizzo del Diavolo, nella parete opposta della valle glaciale. Le foto del rifugio Cicchetti prima della distruzione, allegata al presente articolo, e’ stata tratta dall’archivio dell’alpinista maceratese Angelo  Maurizi (1909 - 1985), milanese d'origine ma residente a Castelsantangelo sul Nera (MC).

La storia delle montagne e dell’alpinismo è fatta anche di questi episodi che meritano di essere conosciuti, per farne tesoroe d evitando che si disperdano nei meandri e negli abissi del tempo.

di Camillo Berardi.





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