Da Colle San Marco al Parco archeologico del Colosseo. Le opere di Giuliano Giuliani a Roma
di Elisa Mori
venerdì 14 ottobre 2022
Pomeriggio odierno dedicato al vernissage della mostra dell’artista ascolano Giuliano Giuliani a Roma.
Sarà il Parco Archeologico del Colosseo ad ospitare le 20 opere in travertino dello scultore piceno fino al prossimo 8 gennaio 2023, per poi essere trasferite al Chiostro di Sant’Agostino di Ascoli Piceno, dal 7 aprile al 28 giugno 2023, con la curatela di Carlo Bachetti Doria.
La mostra, Armonie di pietra. Il paesaggio delle Marche nelle sculture di Giuliano Giuliani, a cura di Daniele Fortuna, promossa dalla Regione Marche, dal Comune di Ascoli Piceno e dal Parco archeologico del Colosseo, ha la fortuna di essere ubicata in uno dei luoghi più suggestivi della Capitale, nonché cuore pulsante della stessa, innescando un silenzioso dialogo tra le antiche rovine e i profili scultorei, quasi eterei, di Giuliani.
Dall’insolito atelier dell’artista, ricavato direttamente nella cava di famiglia a Colle San Marco, a pochi chilometri da Ascoli Piceno, che come precisa Mario Botta “racconta in maniera diretta le origini delle opere dello scultore e, nel contempo, descrive lo spazio mentale, il pensiero più profondo e segreto che anima il suo operare”, i venti capolavori approdano all’interno del parco del Colosseo, mediante un percorso espositivi che si snoda dalla Basilica Emilia alla Basilica Giulia passando per la piazza del Foro Romano e attraversando alcuni tra gli edifici più importanti di quello che era il centro politico, amministrativo, religioso, giudiziario e commerciale della città.
Le sculture sembrano intessere con il luogo un triplice dialogo, che vede protagonista il parco, appunto, con la sua storia, gli antichi lacerti di travertino con le visioni contemporanee dell’artista e gli echi del paesaggio marchigiano con gli scorci delle monumentali architetture romane.
Trait-d’union imprescindibile tra Ascoli Piceno e Roma, il travertino, ovvero quella roccia sedimentaria calcarea che per le sue caratteristiche di resistenza e durata nel tempo, è stata la pietra elettiva di gran parte dell’architettura dei due capoluoghi.
L’artista lavora con quelli che sono gli arnesi del mestiere, scalpelli, frollini, mazzuoli, graffioni, picchette, smerigli, come negli anni ha visto fare al padre a allo zio, partendo dal blocco pieno di travertino scavando via via quella materia coriacea, sfidandone la resistenza, la “piega, avvolge, riduce a impalpabili e diafani veli, musicali canne d'organo, sfuggenti spirali nell’assoluta levità della forma con esiti espressivi di raro lirismo”, come rivela Nunzio Giustozzi nel catalogo di mostra.
Giuliano Giuliani ha scelto la scultura, medium a lui congeniale, ma non per tutti, che non ammette errori, che richiede determinazione mentale e forza fisica nella lavorazione. “È uno scavo interiore – come ha confessato ad Antonio Gnoli in un’intervista su Robinson – che mi ha consentito, attraverso la materia, di intuire la forma originaria. La scultura è prima di tutto un’esperienza fisica. Tutto passa attraverso il corpo, è la sola via per raggiungere la spiritualità”.
Passo dopo passo, lo scultore del bianco sembra alleggerire la materia, trasformandola in ardite volute, con continui passaggi di pieni e di vuoti, in fogli sottilissimi nei quali eventuali pori o naturali imperfezioni diventano parte integrante dell’espressività dell’opera.
La luce sembra attraversare il marmo in continui passaggi che vanno dal cangiante nitore alle depressioni d’ombra, dando risalto all’opera nei suoi profili e nelle sue forme.
“Che cosa spinge lo scultore a scavare dentro il blocco di pietra nell’intento di estrarne un’opera fragile e sottile da offrire allo sguardo incredulo dell’osservatore? Ricercare dentro i misteri del mondo è un modo per indagare le origini di noi stessi; le opere di Giuliani ci aiutano e ci sorreggono in questa sfida”, così Mario Botta sintetizza la ricerca dell’artista ascolano che di volta in volta ci sorprende con le sue evoluzioni scultoree.
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