Avrebbe potuto essere l’anno della cannabis light, un nuovo
modello di business in grado di fungere anche da stimolo all’economia
nazionale. Non è stato così a causa di tante leggi che, in Italia, si sono
susseguite aprendo e poi chiudendo nuovamente le porte a questo settore.
Quando si parla di cannabis light si fa riferimento a quella declinazione di
prodotto particolare ricca di Cbd (cannabidiolo, una delle sostanze della
cannabis la cui peculiarità è quella di non generare effetti psicotropi) e
sotto una certa soglia di Thc: che invece è la sostanza che si rende
responsabile dello sballo, motivo per il quale la sua presenza è tollerata per
legge soltanto al di sotto dello 0,2%.
La cannabis light è stata un ottimo business su tutta la filiera: si pensi ai
tanti negozi sorti sul territorio, al gadget e prodotti annessi (come nel caso
dei vaporizzatori), ed ancora al discorso dei semi
di cannabis, che possono essere acquistati
tranquillamente sui tanti siti presenti in rete ma che non possono poi essere
coltivati.
Una legge spesso farraginosa, contraddittoria al suo stesso interno, ma che
malgrado ciò ha visto il 2020 come anno d’oro nel settore in Italia, con un
fatturato salito da 150 milioni di euro a quasi 300 (in sostanza, raddoppiato).
Soprattutto durante il primo lock down, quello della primavera 2020, gli
italiani chiusi in casa si sono avvicinati di molto a questo concetto e gli
ordini sono schizzati in alto.
Il caso della coltivazione
All’interno di questo quadro come detto ci sono tante
contraddizioni e leggi che sembrano nate appositamente per creare confusione in
un settore già di per sé di non facile lettura. Prendiamo la coltivazione ad
esempio: il tutto parte dalla legge di riferimento del settore, la n.242 del
2016 il cui obiettivo era quello di regolamentare la coltivazione e l’utilizzo
della canapa con Thc al di sotto della soglia tollerata, indicata allora a 0,6%
(e poi portata a 0,2).
Possono essere acquistati anche i semi di cannabis di ogni tipologia e modello,
come nel caso di AmnesiaHaze, tra le varietà più apprezzate; il
tutto senza andare minimamente a contravvenire ai precetti della legge. Solo
che i semi possono essere acquistati ma non coltivati, perché le infiorescenze
che ne nascerebbero avrebbero il Thc e sarebbero quindi non legali.
Ed allora chi compra i semi si ritrova ad avere un prodotto che può acquistare
ma per il quale non può portare a termine il suo utilizzo principale; che è
quello, per l’appunto, di essere coltivato. Una negazione in termini che è solo
uno dei tanti esempi di come questo settore, la cannabis light, sia ancora poco
sfruttato in Italia a causa di una regolamentazione poco chiara e
contraddittoria.
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