La cucina tipica napoletana è ormai conosciuta in tutto il mondo, ma le sue origini sono antichissime e risalgono all’epoca greco-romana. Cosa mangiavano i napoletani?
Il pasto principale si consumava la sera e variava a seconda delle condizioni economiche della famiglia. I meno agiati si nutrivano soprattutto di un impasto di farina di cereali bollito in acqua o in latte e condito con aglio e cipolla e nei giorni festivi con sottili sfoglie di farina con carne, formaggio ed erbe. Simili alle attuali lasagne. Solo raramente potevano concedersi la carne o il pesce.
Quello era per i ricchi, sulle loro tavole abbondava l’intingolo di Baia,, una zuppa di ostriche e cannolicchi, condita con pinoli e pepe.
Il condimento più diffuso era, come per i Romani, il garum, che si otteneva dalla fermentazione delle interiora dei pesci, con l’aggiunta di erbe aromatiche e aceto.Simile alla colatura di alici, estratta dalle alici in salamoia e pressate, semplice ma gustoso condimento per i primi.
Nel periodo medievale, inoltre, a Napoli come altrove, il consumo dei cibi iniziò a essere condizionato dal calendario liturgico, laddove la Chiesa divise i cibi di magro da quelli di grasso, vietando il consumo di carne il venerdì, durante la Quaresima. Così veniva mangiato principalmente pesce e pasta, così c’era chi raccoglieva le interiora degli animali, resti di carne lasciati dai nobili e faceva delle mega zuppe, ossia le zuppe di soffritto.
Oggi le ricette tipiche della cucina napoletana non sono poche, ma sono veramente buonissime. Ad esempio abbiamo il classico ragù napoletano, ha una ricetta tutta sua che lo rende raro,un connubio perfetto tra il pomodoro e la carne che si amalgamano e si cucinano per ore e ore.
Ovviamente tra i piatti celebri non può mancare la pizza: dalla semplice pizza margherita con mozzarella e pomodoro fino alla pizza fritta con cicoli e ricotte, o alla classica marinara. Ma ci sono anche ricette casalinghe, nate dalle mani delle donne napoletane, come la pizza di scarole o la pizza “chiena”.
Un contorno celebre è senz’altro la parmigiana di melanzane, un altro piatto che riempie la tavola la domenica. Le melanzane che vengono fritte e poi distese su un letto di sugo con fior di latte.
I dolci partenopei sono famosi ed esistono con diverse declinazioni, ma senz’altro quelli originali che trovi alla www.pasticerrialarocca.it, sono i migliori. I più famosi sono il babà e la sfogliatella nelle sue declinazioni riccia e frolla. Ma esistono anche dolci di piccola pasticceria come le cartucce napoletane, hanno una forma cilindrica simili alle cartucce di un fucile e son fatti con pasta di mandorle e avvolti dalla carta forno, la pasta di mandorle veniva fatta nei conventi per questo nacque il dolce.
Parlando di arte pasticciera in conventi e monasteri nasce in Campania nel XVIII secolo nel conservatorio di Santa Rosa da Lima, a Salerno, era avanzata nella cucina del convento un po' di pasta di semola; invece di buttarla, fu aggiunta frutta secca, zucchero e limoncello, ottenendo un ripieno. La prima si chiamò sfogliatella di Santa Rosa, e fu molto apprezzata. Poi la ricetta arriva direttamente a Pasquale Pintauro, un ristoratore napoletano, che creò la sua pasticceria, ancora presente e riprese la ricetta della sfogliatella e la rese celebre nelle versioni riccia e frolla.
Come tipico dolce di Pasqua abbiamo la pastiera, mangiata anche a Natale, anch’essa nasce presso un convento, ma ancor prima, una leggenda narra che fu la sirena Partenope a crearla.
Oppure le buonissime zeppole di San Giuseppe, la prima ricetta ufficiale si trova, nel Trattato di Cucina Teorico-Pratico del celebre gastronomo Ippolito Cavalcanti che nel 1837 con lo stile semplice e immediato che lo contraddistingueva la scrisse in napoletano. La ricetta della zeppola prevede l’utilizzo di pochi ingredienti: farina, acqua, un po’ di liquore d’anice, marsala o vino bianco, sale, zucchero e olio per friggere.
La leggenda invece narra che la nascita delle zeppole risale alla fuga in Egitto della sacra famiglia. San Giuseppe, per mantenere Maria e Gesù, dovette affiancare al mestiere di falegname quello di friggitore e venditore ambulante di frittelle, a Napoli per devozione al santo si sviluppò la tradizione degli zeppolari di strada.
Come tipico dolce natalizio tra i più apprezzati c’è il roccocò. Le origini risalgono al Real Convento della Maddalena di Napoli, dove furono le monache a creare per prime questo dolce. Il nome deriverebbe dal termine francese "rocaille" per via della forma barocca e tondeggiante simile a una conchiglia arrotondata.commenti 0****