Curiosità
di Redazione Picenotime
Sono passati più di settant’anni da quando il mondo della medicina ha “scoperto”, o per meglio dire ha “descritto” per la prima volta l’autismo, accorgendosi di questa fetta di popolazione con caratteristiche e tratti del tutto peculiari. Da allora, la neuropsichiatria ha fatto enormi passi, e quello che un tempo si considerava una malattia incurabile, provocata – secondo alcune teorie degli anni Cinquanta – da madri anaffettive non in grado di prendersi emotivamente cura dei propri figli (era la famigerata teoria delle “madri frigorifero”, per fortuna del tutto confutata dagli studi degli anni successivi), è oggi interpretato come un’alterazione del neurosviluppo che include una grande varietà di manifestazioni. Ecco perché non si parla più, come in passato, di sindrome di Asperger, autismo a basso/alto funzionamento e così via, ma di “spettro autistico”, una definizione meno rigida che consente di considerare ogni persona autistica come un unicum, un individuo con caratteristiche specifiche e solo sue, che tuttavia può essere ricondotto sotto l’ombrello dello “spettro”.
Anche le terapie destinate alle persone con autismo si sono evolute, e attualmente la presa in carico del bambino autistico comporta un intervento sia su di lui che sulla sua famiglia, nella consapevolezza che i modelli che si basano sulla collaborazione di squadra, con le famiglie al centro, funzionino meglio rispetto ai modelli focalizzati esclusivamente sul paziente autistico.
Tuttavia, considerare la famiglia come parte attiva del percorso di terapia significa anche prendere in considerazione il benessere complessivo della famiglia stessa. Affinché i genitori, nonché gli altri caregivers e gli eventuali fratelli, possano contribuire all’esito delle terapie, è importante che la qualità della vita di tutti loro sia tenuta in debita considerazione.
Alcune ricerche effettuate hanno messo in evidenza la correlazione tra la presenza di un bambino autistico in famiglia e livelli elevati di stress in famiglia, scollamento tra i suoi membri, ansia e depressione.
Le motivazioni sono numerose: le famiglie con bambini autistici non possono condurre una vita “normale”, dovendo gestire problemi comportamentali del bambino che obbligano a fare scelte restrittive, oltre a provocare imbarazzo. A ciò si aggiunge che l’autismo richiede trattamenti vita natural durante, e questo affligge i genitori, preoccupati anche del “dopo di noi”. Aumentano il disagio anche le caratteristiche dell’autismo stesso: le difficoltà comunicative, la presenza di disfunzionalità del comportamento, la frequenza dei comportamenti problema, l’isolamento in società, il non raggiungimento, o il raggiungimento in ritardo, delle autonomie da parte di alcune persone autistiche, la presenza di rigidità di pensiero e di “sameness” (attaccamento eccessivo alle routine e agli schemi).
La scoperta dell’autismo del proprio bambino costringe a ripensarsi come genitori, a rinunciare all’idea del “bambino perfetto” e a rifondare tutta la propria vita su basi diverse rispetto a quelle immaginate o progettate. Il momento in cui si riceve la diagnosi non è un momento facile, ma le famiglie possono affrontarlo con il supporto degli specialisti, che oggi sempre più si pongono l’obiettivo di gestire i disturbi dello spettro autistico anche nell’ottica del benessere psicologico dei genitori e dei fratelli (non dimentichiamo, infatti, che anche i “sibling”, i fratelli di persone disabili, hanno necessità di supporto e “visibilità” all’interno del percorso familiare, terapeutico e non).
Per questo motivo, è di centrale importanza il parent training, ovvero un intervento che mira a coinvolgere i genitori nel processo educativo nonché riabilitativo dei propri figli, trasmettendo ai genitori stessi tecniche più efficaci di interpretazione e gestione dei “comportamenti problema” del proprio figlio, svolgendo psicoeducazione per l’aumento delle competenze riguardanti la disabilità o la problematica e creando uno “spazio protetto” riservato all’emotività e al vissuto dei genitori. Nel caso dell’autismo, il parent training sarà volto a trasmettere ai genitori informazioni sullo spettro autistico in generale e sulle peculiarità del loro figlio all’interno dello spettro, con l’obiettivo di gestire le problematiche più comuni che solitamente si trovano ad affrontare questi genitori, come selettività alimentare, difficoltà o mancanza di capacità comunicative, disturbi del sonno, iperattività, comportamenti stereotipati, routine rigide, tic e così via. Inoltre, il parent training per genitori di bambini autistici sarà anche un punto di riferimento che sostenga i genitori (non a caso , l’altro suo nome è “sostegno genitoriale”) nell’arco di questo percorso che scatena emozioni contrastanti, ma che regala anche immense soddisfazioni.
In conclusione, non si può parlare di terapie rivolte a bambini autistici senza considerare anche il benessere psicologico e materiale delle famiglie e dei caregivers che se ne occupano. Nell’ottica di questa accresciuta consapevolezza, l’auspicio è che anche le istituzioni riconoscano la necessità della presa in carico a livello familiare e non solo individuale, trasformando in servizi accessibili quelli che oggi sono molto spesso soltanto diritti scritti sulla carta.
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