Salute

Nuovi ''Lea'': un passo avanti per la sanità, ma l'endometriosi resta nell'ombra

di Redazione Picenotime

L'endometriosi colpisce tre milioni di italiane e può compromettere la fertilità. Ma nessuna strategia nazionale sulla natalità ne tiene conto. Dopo otto anni di attesa, il Servizio Sanitario Nazionale si aggiorna. L'intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni sui nuovi Livelli Essenziali di Assistenza rappresenta un importante progresso: screening neonatale per la SMA, programmi di sorveglianza per i tumori BRCA-correlati, test genetici innovativi, ampliamento delle esenzioni. Un pacchetto da 150 milioni di euro che promette di portare la medicina di precisione nel cuore del SSN. Tra le novità più significative spicca l'attenzione alla prevenzione oncologica: oltre 10mila donne l'anno potranno beneficiare di un percorso di sorveglianza attiva per i tumori mammari e ovarici ereditari. Otto nuove malattie genetiche rare entrano nello screening neonatale esteso, interessando oltre 390mila neonati all'anno. La terapia psicoeducazionale per i disturbi alimentari trova finalmente spazio tra le prestazioni garantite. Sul fronte delle esenzioni, vengono riconosciute tre nuove patologie croniche: sindrome fibromialgica, idrosadenite suppurativa e malattia polmonare da micobatteri non tubercolari. Un segnale importante per chi convive con condizioni invalidanti spesso trascurate. Eppure, qualcosa manca. E non è un dettaglio: il silenzio sull'endometriosi. L'endometriosi colpisce circa tre milioni di donne italiane, una su dieci in età fertile. Fino al 40% di loro può incontrare difficoltà nel concepire. Il ritardo medio nella diagnosi è ancora di 7-9 anni: anni preziosi, durante i quali la malattia progredisce e può compromettere irreversibilmente la fertilità. Nonostante queste evidenze scientifiche, nei nuovi Lea non c'è traccia di interventi specifici per questa patologia. Nessun percorso di diagnosi precoce, nessuna formazione mirata per i medici di base, nessuna tutela della fertilità per le donne giovani a rischio. «Ogni volta che si parla di salute pubblica senza parlare di endometriosi, si sta ignorando una verità scomoda: ci sono donne che vorrebbero diventare madri, ma non possono. E non per scelta, ma perché lo Stato non ha investito abbastanza nella diagnosi precoce, nella formazione dei medici e nella tutela della fertilità», dichiara Annalisa Frassineti, presidente di APE ODV. Al suo fianco, Jessica Fiorini, vicepresidente dell'associazione, aggiunge: «Finché non riconosceremo che anche la malattia può essere una causa di denatalità, continueremo a intervenire troppo tardi e nel modo sbagliato. Non servono solo bonus: serve una politica sanitaria che metta davvero al centro il corpo e la salute delle donne». Denatalità: un dibattito incompleto In questi giorni il tema della denatalità è tornato al centro del dibattito pubblico. Si parla di costo della vita, precarietà lavorativa, assenza di servizi per l'infanzia. Tutti fattori reali e rilevanti. Ma si dimentica sistematicamente una parte fondamentale del problema: la salute riproduttiva femminile. La fertilità non è solo una scelta: è una possibilità biologica. E per molte donne questa possibilità viene compromessa da patologie come l'endometriosi, spesso diagnosticate quando ormai è troppo tardi. Parlare di denatalità senza parlare di salute riproduttiva significa guardare il problema a metà. Significa ignorare che dietro ogni statistica ci sono donne che non rinunciano alla maternità per scelta, ma perché non riescono ad affrontarla in tempo. Cosa servirebbe davvero Se vogliamo davvero invertire il trend demografico, servono politiche che mettano le donne nella condizione di poter scegliere. E questo significa: Potenziare la formazione dei medici di base e dei ginecologi perché riconoscano precocemente i sintomi dell'endometriosi e indirizzino le pazienti ai centri specializzati. Attivare percorsi di preservazione della fertilità nelle pazienti giovani a rischio, prima che la malattia comprometta le loro possibilità. Garantire accesso pubblico e omogeneo alla procreazione medicalmente assistita per chi convive con una diagnosi che riduce le possibilità di concepimento naturale. Inserire l'educazione alla fertilità e alla salute mestruale nei programmi scolastici, per formare generazioni consapevoli del proprio corpo. Non è solo una questione di sanità pubblica, ma di giustizia sociale: non tutte le donne partono dalle stesse condizioni biologiche per diventare madri. Un aggiornamento necessario, ma non sufficiente «I nuovi Lea rappresentano un passo avanti importante per la modernizzazione del SSN. Ma finché continueremo a ignorare patologie che colpiscono milioni di donne e incidono sulla loro capacità riproduttiva, il nostro sistema sanitario resterà incompleto» aggiunge la presidente Frassineti. Non ci può essere una vera politica della natalità senza una politica della salute delle donne. E non ci può essere tutela della fertilità senza diagnosi precoce, formazione adeguata e accesso equo alle cure. L'endometriosi non è "solo" una malattia ginecologica. È una questione di salute pubblica, di futuro demografico, di diritti. È tempo che anche i Livelli Essenziali di Assistenza ne prendano atto. Parlare di endometriosi quando si affronta il problema della denatalità non è fare una battaglia di nicchia. È guardare il problema nella sua interezza. È riconoscere che senza salute delle donne, non ci può essere una vera politica della natalità.

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