L’ansia rappresenta una reazione fisiologica e psicologica complessa, finalizzata all’adattamento in presenza di minacce percepite. Quando, tuttavia, questa risposta diventa sproporzionata rispetto agli stimoli esterni e si cronicizza, può sfociare in condizioni patologiche come i disturbi d’ansia e gli attacchi di panico. Questi ultimi si manifestano come crisi improvvise e acute, caratterizzate da sintomi fisici intensi – come tachicardia, sudorazione, vertigini, senso di soffocamento – e da vissuti cognitivi estremamente disturbanti, quali il timore di morire o di perdere il controllo. La comprensione delle cause e delle dinamiche sottese a questi fenomeni è essenziale per avviare un percorso terapeutico efficace.
Alla base degli attacchi di panico vi è una complessa interazione tra predisposizione biologica, vulnerabilità psicologica e fattori ambientali. Numerosi studi dimostrano come la predisposizione genetica e le alterazioni neurobiologiche – in particolare a carico dell’amigdala e dei circuiti serotoninergici – possano influenzare la soglia di attivazione del sistema di allarme dell’organismo. A ciò si aggiungono esperienze soggettive che condizionano la percezione del rischio e la tolleranza all’incertezza.
In ambito cognitivo-comportamentale, si osserva frequentemente come i soggetti ansiosi tendano a interpretare in modo catastrofico segnali corporei fisiologici (es. un battito accelerato viene percepito come preludio a un infarto), innescando un circolo vizioso di paura della paura che autoalimenta il panico. L’apprendimento di tali risposte può avvenire per esperienza diretta, per osservazione di modelli familiari ansiosi, o attraverso eventi traumatici non elaborati.
La genesi e il mantenimento dell’ansia trovano spesso terreno fertile in contesti socioculturali caratterizzati da incertezza, pressioni elevate e isolamento relazionale. In particolare, negli ultimi anni, si è registrato un incremento della sintomatologia ansiosa in ampie fasce della popolazione a seguito di eventi collettivi destabilizzanti. Tra questi, il periodo post pandemico ha determinato una marcata alterazione delle routine quotidiane, delle relazioni e delle modalità di percepire il proprio corpo, in particolare tra adolescenti e giovani adulti. Come segnalato da numerose indagini condotte in ambito neuropsicologico, il post Covid ha lasciato esiti visibili anche sul piano cerebrale, con modificazioni che possono avere inciso sulla regolazione emotiva e sul funzionamento cognitivo.
Tali cambiamenti, se non adeguatamente riconosciuti e trattati, possono favorire l’insorgere o l’acutizzazione di disturbi d’ansia, rendendo necessario un intervento multidisciplinare tempestivo e mirato.
Affrontare l’ansia e gli attacchi di panico richiede un percorso articolato, che tenga conto delle peculiarità del soggetto e del contesto in cui vive. Nei casi in cui la sintomatologia risulti invalidante, è possibile ricorrere anche a un supporto farmacologico sotto supervisione specialistica.
Non va sottovalutata l’importanza di accedere a percorsi di supporto psicologico nei territori di residenza, specie in realtà medio-piccole dove la stigmatizzazione può ostacolare la domanda d’aiuto. È significativo, ad esempio, il progressivo consolidamento di reti per il supporto psicologico in città come Ancona, dove numerosi centri clinici promuovono interventi accessibili e integrati, mirati al trattamento dei disturbi d’ansia secondo linee guida validate.
L’intervento tempestivo permette non solo la gestione efficace dei sintomi, ma anche il recupero della funzionalità personale, relazionale e lavorativa. Parallelamente, la promozione di stili di vita equilibrati, un’adeguata igiene del sonno, la pratica regolare dell’attività fisica e tecniche di respirazione e mindfulness contribuiscono al mantenimento di un benessere psicofisico duraturo.
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