A.S.I., cultura e passione. Non chiamateli catorci da rottamare...
di Redazione Picenotime
venerdì 31 ottobre 2014
Chi può arrogarsi il diritto di discriminare il rapporto che intercorre tra un veicolo a motore e la storia di chi l’ha posseduto? Ha forse meno valore il legame con la vettura con la quale si trascorrevano le vacanze con i propri genitori rispetto a quello con una sportiva di lusso?
A quanto si legge dalle recenti dichiarazioni di quello che dovrebbe essere l’ente preposto alla tutela dei diritti degli automobilisti sembrerebbe di sì. Non può non suscitare qualche perplessità che in parallelo alle pressanti richieste di abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 63 Legge 342/2000, presenti nell’ultima legge di stabilità presentata dal Governo e controfirmata dal Presidente della Repubblica proprio nella giornata di ieri, si ricordi l’esistenza di un registro storico di cui, fino ad oggi, nessuno sembrava sentire la necessità.
L’aumento dei soci dell’A.S.I. - Automotoclub Storico Italiano - negli ultimi quindici anni, culminato negli oltre 220.000 di quest’anno, testimonia, da un lato, l’ottimo lavoro svolto dai club locali e dell’A.S.I. Nazionale che hanno organizzato oltre 2500 iniziative nell’ultimo anno su tutto il territorio nazionale, dall’altro la sensibilità dell’Automotoclub storico italiano verso un motorismo storico fatto di cultura, affetti, storia e passione, che non può e non deve essere appannaggio di pochi facoltosi collezionisti.
“Si discute tanto sul tema dei numeri dei veicoli che in questi anni l’associazione, che io rappresento, ha certificato” afferma l’Avv. Roberto Loi, presidente dell’A.S.I. “Non voglio entrare nel merito del troppo o troppo poco, mi limiterò ad una semplice considerazione: tutti i veicoli da noi certificati sono stati esaminati uno per uno da esperti incaricati dall’ASI stessa, per verificarne l’originalità di tutte le parti e le buone condizioni generali. Istituire un registro chiuso di modelli di interesse storico significherebbe aprire potenzialmente i cancelli delle agevolazioni a vetture incomplete o in condizioni precarie, moltiplicandone esponenzialmente il numero. Sarebbe infatti sufficiente possedere un determinato modello di vettura per entrare nel numero delle esentate, indipendentemente dalle condizioni. Ho già espresso le mie perplessità sulle conseguenze dell’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’art. 63 Legge 342/2000, inserite nella legge di stabilità 2015 che non porterà nella casse dello Stato il gettito sperato. Rischia di diventare una legge che mina l’esistenza stessa di questi veicoli che verranno probabilmente demoliti, mettendo in difficoltà, se ancora ce ne fosse bisogno, una categoria di artigiani e professionisti per i quali la manutenzione dei veicoli tra i 20 e i 30 anni, costituisce un’importante fonte di guadagno”.
Non è superfluo ricordare come la Fiat Panda sia il frutto della geniale penna di un designer di fama internazionale come Giorgetto Giugiaro, né d’altra parte come altre vetture che non possono vantare padri altrettanto noti, rappresentino comunque lo sforzo progettuale di un comparto industriale che ha consentito negli ultimi due secoli alle persone di spostarsi con le proprie famiglie in assoluta autonomia. Definire questi veicoli, il cui stato viene certificato da A.S.I. meticolosamente, vettura per vettura, “catorci da rottamare” rappresenta un’offesa per tutte quelle persone che grazie a tali “catorci”, hanno condotto e continuano a condurre una vita libera e indipendente.
In ogni caso i “catorci” certificati da ASI in 13 anni sono 501.386 e non 4/5.000.000 come asserito più volte, e di questi, quelli che ancora usufruiscono della possibile esenzione non sono più di 375.000, a fronte di un parco veicolare nazionale di circa 40.000.000 di veicoli.

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