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Asculo furor omnis erupit, tra storia romana e guerra sociale

di Redazione Picenotime

sabato 02 maggio 2015

E tutta la furia venne ad Ascoli... Asculo furor omnis erupit. Questa frase esposta in curva sud dai tifosi del Picchio durante la partita Ascoli-Ancona è stata tratta da uno scritto romano di Annio Floro, Epitome de Tito Livio bellorum omnium, libro II, capitolo 6. Questa opera è un compendio di circa 700 anni di guerre romane da Romolo ad Augusto, e in particolare il brano da cui è tratta la frase parla della guerra sociale. Vi proponiamo qui di seguito la traduzione in italiano e il testo in latino.

La guerra sociale

La si chiami pure guerra sociale, per attenuarne l'odiosità; a voler dire il vero, però, quella fu guerra civile. Certo, il popolo romano, avendo incluso in sé gli Etruschi, i Latini e i Sabini e formando di tutte una sola stirpe, di membra sparse fece un corpo e di tutti i popoli diventò uno solo; né dentro i confini italici gli alleati si rivoltavano con minore scandalo di quanto non facessero i cittadini nella capitale. Perciò, siccome gli alleati domandavano in tutta giustizia di godere dei diritti della città che essi stessi con le proprie forze avevano ingrandito, alla quale aspettativa li aveva incitati Druso per brama di potere, dopo che quello lì cadde vittima di una congiura dei suoi concittadini, la stessa torcia che accese il suo rogo infiammò gli alleati spingendoli a prendere le armi e a impadronirsi della città. Che cosa di più funesto di questa sciagura? Che cosa di più rovinoso, sollevandosi ad un tempo tutto il Lazio e il Piceno, tutta l'Etruria e la Campania, insomma l'Italia intera contro la città madre e nutrice; mentre tutte le forze dei nostri più validi e più fedeli alleati le avevano in mano, ciascuno sotto le proprie insegne, quei prodigi di personaggi nati nei municipi, Poppedio i Marsi e i Peligni, Afranio i Latini, Plozio gli Umbri, Egnazio gli Etruschi, Telesino il Sannio e la Lucania, mentre il popolo, arbitro di sovrani e genti straniere, non poteva governare se stesso, al punto che Roma, vincitrice d’Asia e d’Europa, veniva attaccata da Corfinio?  Il primo piano di guerra fu che il giorno delle ferie latine i consoli Giulio Cesare e Marcio Filippo venissero immolati sul monte Albano tra gli altari e nel corso dei sacrifici. Dopo che questa scelleratezza venne sventata in virtù di un tradimento, tutta la furia venne fuori ad Ascoli con l'uccisione, proprio nella calca dei festeggiamenti ludensi, dei legati che arrivavano proprio allora da Roma. Questo fu l'atto di consacrazione dell'empia guerra. Quindi già qua e là, da ogni parte d'Italia, con Poppedio duce e promotore della guerra, che correva su e giù, squillarono per popoli e città trombe da ogni direzione. Non fu così grande né la devastazione annibalica né quella di Pirro.

Traduzione a cura di di Vittorio Ferraro

Sociale bellum vocetur licet, ut extenuemus invidiam; si verum tamen volumus, illud civile bellum fuit. Quippe cum populus Romanus Etruscos, Latinos Sabinosque sibi miscuerit et unum ex omnibus sanguinem ducat, corpus fecit ex membris et ex omnibus unus est; nec minore flagitio socii intra Italiam quam intra urbem cives rebellabant. Itaque cum ius civitatis, quam viribus auxerant, socii iustissime postularent, quam in spem eos cupidine dominationis Drusus erexerat, postquam ille domestico scelere oppressus est, eadem fax, quae illum cremavit, socios in arma et in expugnationem urbis accendit. Quid hac clade tristius? Quid calamitosius, cum omne Latium atque Picenum, Etruria omnis atque Campania, postremo Italia contra matrem suam ac parentem urbem consurgerent; cum omne robur fortissimorum fidelissimorumque sociorum sub suis quisque signis haberent municipalia illa prodigia, Poppaedius Marsos, Latinos Afranius, Vmbros Plotius, Egnatius Etruscos, Samnium Lucaniamque Telesinus; cum regum et gentium arbiter populus ipsum se regere non posset, ut victrix Asiae et Europae a Corfinio Roma peteretur? Primum fuit belli in Albano monte consilium ut festo die Latinarum Iulius Caesar et Marcius Philippus consules inter sacra et aras inmolarentur. Postquam id nefas proditione discussum est, Asculo furor omnis erupit, in ipsa quidem ludorum frequentia trucidatis qui tunc aderant ab urbe legatis. Hoc fuit inpii belli sacramentum. Inde iam passim ab omni parte Italiae duce et auctore belli discursante Poppaedio diversa per populos et urbes signa cecinere. Nec Hannibalis nec Pyrrhi fuit tanta vastatio.

(Annio Floro, Epitome de Tito Livio bellorum omnium, II, 6)

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La guerra sociale

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