Coronavirus, Orsolini: ''E' un dramma per tutti. Mi alleno a casa, calcio mi manca un casino''
di Redazione Picenotime
lunedì 23 marzo 2020
Anche Riccardo Orsolini è costretto forzatamente a casa a causa dell'emergenza Coronavirus. Il 23enne attaccante ascolano si è raccontato via Instagram a "Cronache di Spogliatoio" dopo aver realizzato 8 reti in 28 presenze tra campionato e Coppa Italia con la maglia del Bologna più un gol all'esordio con la Nazionale maggiore italiana.
"Il calcio mi manca un casino, è un dramma per tutti. Non potendo uscire di casa e fare attività fisica è un po' dura. Mi sto attrezzando ma è difficile. In casa ho un tapis roulant per svagare la mente. Io non ho una villa con mega piscina e palestra, ma mi adatto - ha dichiarato Orsolini -. Mie caratteristiche? Giocare con entrambi i piedi è una dote naturale, fin dalle giovanili sono stato predisposto a fare la giocata. Nel vivaio ero piccolino e facevo fatica, poi sviluppandomi in prima squadra ho rafforzato il mio fisico, mi sono sviluppato ma mantenendo le caratteristiche che mi contraddistinguono. La mia è una dote preziosa: sono un esterno mancino e non ce ne sono tanti a giro, soprattutto in Italia. Ho i quadricipiti sviluppati per natura, ho dovuto solo completarli. Faccio palestra per migliorare la parte alta. Il mio petto lo chiamo 'il petto di pollo', sono un po' esile. Ho fatto uno step mentale che mi è servito per avere maggiore sicurezza in campo: sentirmi meno bellino in campo e più concreto. Mi ha aiutato molto Mihajlovic, mi sento completamente cambiato come giocatore e come uomo rispetto a due anni fa. Posso dare sicuramente molto di più, sono giovane. La pressione? Sono abbastanza spremuto ogni giorno in quanto a stimoli. Tutti cercano di fomentarmi e mi aiutano, dallo staff ai compagni. Sono contento a Bologna perché mi stanno dando importanza, quella che mi serviva. Devo sentirmi importante, mi danno responsabilità e devo sentirla. Ho una caratteristica: non sento la pressione, non ho ansia prima delle partite. Non so perché, me lo chiedono in tanti. Mi dicono: 'Prima delle partite ridi, non te ne frega niente'. No, non è vero: sono sereno perché sto facendo il mestiere più bello del mondo e in campo riesco a dare il meglio di me stesso. Sono fatto così. Il passaggio dall'Ascoli alla Juventus? Venivo da una piccola realtà, avevamo le strutture ma non come a Torino. Mi sono trovato in un JMedical stracolmo di persone, dai giornalisti ai fotografi. Ho chiesto al mio procuratore: 'Ma stanno qua per me, non è che c'è qualche altro giocatore a fare le visite?'. Vedere la loro organizzazione mi ha fatto effetto. Non la vedevo mai in allenamento. Andavano al doppio, venivo dalla Serie B e l'intensità era diversa. Mi sono trovato a disagio, non ne beccavo mezza. Mi dicevo: 'Ma come faccio?'. Lì ho capito di non essere pronto per quel palcoscenico in quel momento. Ho capito che dovevo mettermi sotto per colmare quel gap. Sono convinto che fosse questione di ritmo: una volta acquisito, con le tue qualità riesci a confrontarti con campioni del genere. Autocritica? Quando le partite vanno bene me le riguardo da capo, se vedo che non ho giocato bene cerco di capire dove ho sbagliato e dove posso migliorare. Il nostro staff è formato da grandi persone che lavorano su questo, abbiamo il match analyst che taglia delle clip individuali per farcele studiare. Mihajlovic? Mi sono trovato bene fin da subito. Venivo da una mezza stagione in cui non giocavo quasi mai titolare, mi avevano cambiato ruolo. Appena arrivato mi ha buttato dentro titolare ed esterno. Mi ha dato continuità e fiducia. Affetto dei tifosi? È appagante, più dei soldi. Rimanere impresso in una persona, o qualcuno che ti chiama 'idolo'... è un'emozione indescrivibile. Sei un punto di riferimento per chi ti segue, sai che quella persona può trarre ispirazione da te per arrivare, non solo nel calcio ma anche nella vita. Tenacia, sacrificio, non mollare mai".
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